Parole chiave: Contratti di Fiume, Governance, partecipazione, Cambiamenti climatici, Sviluppo sostenibile
Keywords: River Contracts, Governance, Participation, Climate Change, Sustainable Development
Abstract:
IT) L’articolo intende fare il punto sul ruolo che i Contratti di Fiume hanno progressivamente assunto nella territorializzazione di politiche pubbliche complesse, quali quelle legate all’adattamento ai cambiamenti climatici, alla gestione dei rischi e allo sviluppo sostenibile. Il recepimento di questo strumento all’interno del quadro legislativo nazionale e regionale è ormai consolidato e a partire da questa condizione favorevole, si comincia a registrare una crescita degli investimenti delle regioni e la nascita di forme articolate di custodia del bene comune (stewardship) sostenute da nuovi partenariati pubblico privato.
EN) This article aims to take stock of the role that River Contracts have progressively assumed in the territorialization of complex public policies, such as those related to climate change adaptation, risk management and sustainable development. The incorporation of this tool within the national and regional legislative framework is now well-established, and from this favourable condition, there is beginning to see a growth in investment by the regions and the emergence of articulated forms of stewardships of common good supported by new public-private partnerships.
Gestione della risorsa idrica, percorsi di governance e partecipazione
L’intensa trasformazione del territorio che ha caratterizzato il nostro Paese a partire dagli anni ’50, ha prodotto come diretta conseguenza una sempre maggiore vulnerabilità ai rischi ambientali. L’Italia nel giro di pochi anni si è andata trasformando in un enorme cantiere, strade e autostrade sconvolgevano paesaggi intoccati da secoli, la grande febbre cantieristica stava causando effetti immediati e vistosissimi (Turri 2014).
L’impermeabilizzazione, cioè l’artificializzazione del suolo, sta modificando progressivamente il regime delle acque superficiali, non più trattenute dal terreno naturale o agrario. Si è posta in essere una modifica sostanziale dell’assetto idraulico naturale responsabile di uno dei maggiori processi di degrado a cui un territorio possa essere sottoposto.[1]
Una compromissione silente e quindi ancora più grave, poiché spesso non viene nemmeno percepita come tale dalla popolazione (Munafò et al. 2010) e i cui effetti, accentuati dal riscaldamento globale, si stanno avviando a costituire una minaccia per le popolazioni, per la biodiversità e un fattore di progressiva e sistematica distruzione del paesaggio, soprattutto rurale (Antrop 2004, Pileri et al. 2012). Secondo ISPRA (ISPRA 2021) le famiglie a rischio frane e alluvioni in Italia sono rispettivamente 547.894 e 2.901.616. Su un totale di oltre 14,5 milioni di edifici, quelli ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono 565.548 (3,9%), ma quelli ubicati in aree allagabili nello scenario medio sono 1.549.759 (10,7%).
Uno scenario reso ancora più critico dagli effetti del cambiamento climatico, con una crescita degli eventi meteo estremi di quasi sei volte rispetto al 2015 e con uno dei picchi più allarmanti raggiunti nel 2024 in termini di danni da siccità prolungata (+54,5% rispetto al 2023), da esondazioni fluviali (+ 24%) e da allagamenti dovuti alle piogge intense (+12%), con un’Italia spesso divisa in due tra allagamenti e siccità (ONCC 2024). L’allerta sui rischi connessi al clima continua a essere sottovalutata, se non minimizzata, non solo dai singoli cittadini ma anche dai Governi, a dispetto delle innumerevoli Conferenze intergovernative e delle altrettante Convenzioni internazionali sottoscritte (Lasserre 2004).
Così come le sfide globali, non possono essere affrontate da un singolo Paese, ma solo attraverso un approccio internazionale “nessuno sfugge alla dimensione globale”, allo stesso modo l’impegno dei governi nazionali rischia di restare sulla carta dei trattati se non viene collegato alla responsabilizzazione e condivisione della popolazione che in quei territori vive. In Europa, quella che potremmo definire la territorializzazione delle politiche pubbliche, richiede un’innovazione dell’approccio istituzionale e una completa revisione del sistema di governance ridisegnando l’idea stessa di locale.
Nonostante le evidenti criticità che ci troviamo ad affrontare, in particolare in merito alla gestione della risorsa idrica, è evidente che le politiche pubbliche continueranno a risultare inefficaci se non saranno in grado di produrre un’azione concreta, decentrata (locale), multi-settoriale e multi-livello. Secondo il rapporto mondiale Acqua e cambiamenti climatici (UNESCO, 2021) la frammentazione dei settori e la concorrenza burocratica tra di essi, mettono a dura prova l’integrazione fra i vari livelli di governo dell’acqua. Il rapporto, vede una possibile soluzione solo attraverso: una maggiore partecipazione pubblica al dibattito e alla gestione dei rischi climatici; lo sviluppo di capacità di adattamento a vari livelli; l’assegnazione della priorità alla riduzione del rischio a vantaggio dei gruppi socialmente vulnerabili. Come ci ricorda Ulrich Beck i rischi globali sono estremamente ambivalenti, la minaccia della fine crea anche opportunità di nuovi inizi a partire dalla creazione di comunità di rischio cosmopolite (Beck 2024).
Per guardare a un nuovo “inizio”, è necessaria la riorganizzazione della governance e una risposta dal “basso” da realizzare con uno sviluppo di iniziative che vedano le comunità (del rischio) sempre più protagoniste (Bastiani et al. 2023). Dobbiamo cioè, orientarci verso una riorganizzazione delle relazioni sociali che possa garantire il cambiamento attraverso un’azione capillare a partire dalle scelte quotidiane, in grado di favorire la cooperazione e modelli economici capaci di generare valore per il bene comune. Da qui l’interesse ai Contratti di Fiume, strumenti in grado di creare comunità intorno al rischio idrogeologico, inquinologico e alla perdita di biodiversità.
I Contratti di Fiume, già individuati per le loro potenzialità fin dal 2° Forum Mondiale dell’Acqua (marzo 2000), costituiscono uno strumento in grado di favorire la territorializzazione delle politiche pubbliche, in particolare per quanto attiene all’ambiente e al clima. Intorno a questa idea nel 2007 è nato in Italia il Tavolo Nazionale dei Contratti di Fiume (TNCdF), che ha messo insieme, Ministeri, Regioni, Province, Amministrazioni partecipanti a Contratti di Fiume, Autorità ambientali e responsabili di politiche di gestione delle acque fluviali, Consorzi di Bonifica, Centri di Ricerca e Università, Associazioni, esperti, gruppi rappresentativi di interessi di categoria e cittadini. Il TNCdF ha rappresentato e rappresenta ancora oggi, una comunità di pratica e apprendimento, un ambito di concertazione e sperimentazione di nuovi modelli auto-organizzativi per dare risposte a comunità sempre più assediate dal rischio.
Affrontare le minacce che ci si presentano, rinsaldando l’attenzione verso l’acqua, i fiumi che sono un bene comune per eccellenza, significa affrontare le criticità ma anche valorizzare servizi ecosistemici fondamentali, come: la fornitura d’acqua per la produzione di cibo (agricoltura e allevamento), la ricarica delle falde acquifere, il controllo dei fenomeni erosivi, la regolazione climatica, il mantenimento degli habitat, ecc. (Bastiani 2025). Significa cercare di applicare una forma pattizia che coinvolga tutti i diversi livelli di governo e gli interessi economici e sociali che ruotano intorno alla risorsa acqua, tutelando anche chi di solito non è messo in condizione di poter difendere i propri interessi. Significa riportare l’attenzione sul bilancio idrico, sull’equilibrio da mantenere tra alimentazione e prelievo, sui rischi d’inquinamento, sul mantenimento e ripristino della naturalità, sui gravi fenomeni di sovrasfruttamento della risorsa, sul rischio idrogeologico e sullo stress ambientale che investe i bacini fluviali (Bompan et al. 2019).
L’approccio messo in atto dai Contratti di Fiume, si basa su di una azione capillare di co-responsabilizzazione della persona[2] e sulla sperimentazione di nuove forme di collaborazione e partenariato pubblico e privato. I Contratti di Fiume partono da una visione olistica, che si incarna nel presupposto generale che la qualità dei beni comuni e pubblici avvantaggia tutti e il loro deterioramento penalizza tutti, di conseguenza le comunità non possono essere escluse dalla responsabilità e dal diritto di partecipare alle decisioni che riguardano il presente e il futuro di fiumi, laghi e mari (Bastiani 2011, 2024, 2025).
Lo sviluppo dei Contratti di Fiume in Italia
Negli ultimi 10 anni in Italia i Contratti di Fiume, anche grazie al TNCdF, hanno avuto una crescita significativa passando da meno di dieci processi attivi in nord Italia del 2007 agli oltre 200 attivi oggi, dei quali 88 (distribuiti in 15 regioni) giunti a sottoscrizione dell’Atto di Impegno e in fase di attuazione del loro Programma d’Azione[3] (Fig. 1).
Fig. 1. Contratti di Fiume sottoscritti in Italia divisi per regione (TNCdF 2025).
All’accezione generale di Contratti di Fiume propriamente detti, si sono ormai aggiunte svariate altre forme contrattuali, come i Contratti di Lago, di Area Umida, di Falda, di Costa, di Laguna, ecc…Tra i contratti sottoscritti, sono oggi presenti 57 Contratti di Fiume, 11 Contratti di Lago, 11 Contratti di Rete di Riserve, 5 Contratti di Area Umida e Laguna, 5 Contratti di Foce, Costa, Area Marina Protetta, 2 Contratti di Falda e Risorgiva[4] (Fig. 2).
Fig. 2. Contratti di Fiume e altre forme contrattuali ricomprese (TNCdF 2025).
A scala nazionale la diffusione del CdF si può dividere in tre fasi. La prima, legata all’avvio delle esperienze lombarde e piemontesi che dal 2001 al 2007, vedevano i CdF ancora limitati a pochi casi, essenzialmente circoscritti al nord Italia, con pratiche disorganiche al di fuori di queste regioni e con approcci molto differenziati tra di loro. Nel 2007 in Europa veniva emanata la Direttiva Europea per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni ma era anche l’anno del Trattato di Lisbona che riconosce ai cittadini dell’UE il diritto a partecipare alle decisioni dell’UE e a interagire con le istituzioni dell’Unione Europea.
Una seconda fase viene avviata dopo il 2007 con la nascita del Tavolo Nazionale dei Contratti di Fiume[5], e la progressiva diffusione in tutte le regioni italiane dei CdF attraverso l’emanazione nel 2010 di una Carta Nazionale dei Contratti di Fiume come base comune per la diffusione dei processi (Fig. 3). Infine una terza fase si è aperta nel 2015 e che ha portato el 2015 ai criteri di approccio metodologico comuni a tutti i CdF e al riconoscimento da parte dello Stato dei Contratti di Fiume all’interno del “Testo unico ambientale” con l’articolo 68-bis (D.Lgs. 152/2006).
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Fig. 3. La diffusione dei Contratti di Fiume in Italia in relazione agli incontri nazionali del TNCDF (TNCdF 2023).
In quegli anni, l’attenzione al dissesto idrogeologico, stava entrando prepotentemente e sempre più stabilmente nell’agenda politica del Paese come una priorità strategica nazionale da affrontare con maggiore incisività, a partire da un ripensamento su come erano state utilizzate fino ad allora le risorse. Si inizia a prendere coscienza di una crisi che minaccia seriamente le basi stesse della nostra civiltà e davanti a cui non si può continuare a fare indifferentemente le stesse cose che quella crisi hanno causato. Il succedersi di disastri naturali, sempre più eccezionale comincia a dare la misura concreta del rischio climatico. A livello mondiale, il 2015 “Sarà di gran lunga l’anno più caldo mai registrato. Un dato inquietante. un salto notevole per i modelli dei cambiamenti climatici”, [6] ma in realtà si tratterà solo dell’inizio di una progressione inarrestabile.
Il 2015 sarà un anno importante anche per far conoscere a livello internazionale l’esperienza italiana dei CdF. L’occasione verrà fornita dal Rapporto delle Nazioni Unite sullo Sviluppo delle Risorse Idriche Mondiali 2015 (UNESCO 2015), il documento ospiterà tra i casi studio, proprio l’esperienza dei CdF italiani. Da allora, in Italia tutte le regioni hanno legiferato in materia di CdF e tutte le Autorità di Bacino Distrettuali li richiamano nei propri piani di gestione. I CdF sono stati inseriti nel “Programma di Misure della Strategia Marina italiana del Ministero dell’Ambiente (2016).
Tra il 2018 e il 2023 è stato creato e reso operativo un Osservatorio Nazionale dei Contratti di Fiume (ONCdF) presso il MATTM oggi MASE (con Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n.77 del 08-03-2018) nel quale il TNCdF veniva individuato come membro del Comitato d’Indirizzo. Negli anni i CdF sono stati oggetto di due risoluzioni parlamentari in Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, finalizzate al loro rafforzamento (2017 e 2020), la più recente approvata all’unanimità.
I CdF sono espressamente menzionati nell’Accordo di Partenariato 2021-2027 dell’Italia, del 15 luglio 2022, sono ricompresi in più punti nel testo della SNSvS 2022 (Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile), come anche nel Piano Strategico Nazionale (PSN) della PAC 2023-2027 in vigore dal 01/01/2023 e richiamati nelle fasi preparatorie del Piano di Transizione Ecologica (PTE) e della Strategia Nazionale per la Biodiversità 2030. Hanno inoltre trovato ampio spazio nel Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PPNAC) approvato a dicembre 2023, come strumento locale di sostegno alle politiche climatiche. Nella SNSvS, che rappresenta lo strumento di coordinamento dell’attuazione dell’Agenda 2030 in Italia, la gestione sostenibile della risorsa idrica nonché la creazione di comunità e territori resilienti è individuata come obiettivo strategico delle politiche nazionali per la prevenzione dei rischi naturali e antropici. La Strategia, prevede espressamente il ricorso a strumenti di custodia, come i Contratti di Fiume, quali ambiti prioritari di azione per lo sviluppo del potenziale e la tutela di territori, paesaggi e patrimonio culturale.
È stato altresì evidenziato come i CdF costituiscano un valido strumento di cooperazione transnazionale con particolare riferimento ai bacini idrografici transfrontalieri, relativamente anche ai piani di sicurezza, come richiamato dalla Dichiarazione sulla gestione integrata e sostenibile dell’acqua nelle Alpi (XVI Conferenza delle Alpi, 2020) e nell’ambito del Piano di Azione sui cambiamenti climatici 2.0.
Nel marzo 2023 i CdF sono sati inseriti tra gli impegni (commitment) presentati alla Seconda Conferenza Mondiale sull’Acqua dal MASE con l’impegno a sostenere e rafforzare la partecipazione delle comunità locali nella gestione integrata delle risorse idriche, la difesa dai rischi e lo sviluppo sostenibile attraverso i Contratti di Fiume.
Al fine di diffondere le informazioni e le esperienze in atto, dal 2023 il TNCdF cura un’area di lavoro sui CdF nella piattaforma del Governo italiano dedicata ai processi di consultazione e partecipazione pubblica, ParteciPa. [7] L’area di lavoro coinvolge le organizzazioni che collaborano al Tavolo Nazionale dei Contratti di Fiume e ne alimenta i processi partecipativi con i diversi soggetti pubblici e privati, attivi e interessati al raggiungimento dell’obiettivo 6.6 dell’Agenda 2030 sullo Sviluppo Sostenibile: “Proteggere e risanare entro il 2030 gli ecosistemi legati all’acqua, comprese le montagne, le foreste, le paludi, i fiumi, le falde acquifere e i laghi”.
Politiche regionali e nuovi partenariati per l’attuazione dei CdF
Tutte le regioni italiane negli ultimi 10 anni hanno legiferato in materia di CdF e in tutte le regioni abbiamo dei CdF attivati. A scala di bacino idrografico e regionale, i Contratti di Fiume sono stati richiamati oltre che negli strumenti settorialmente più rappresentativi come: il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) o il Piani di Gestione del distretto idrografico (PdG), anche negli strumenti più propriamente destinati alla pianificazione territoriale e paesaggistica: Piani Regionale per la Tutela delle Acque (PRTA), Piani Territoriali Regionali (PTR), Piani Paesaggistici Regionale (PPR).
Interessante notare come il flusso legislativo/attuativo in campo di CdF abbia seguito una direzione ascendente e discendente, garantendo di conseguenza una sussidiarietà orizzontale e verticale.
La comunità dei Contratti di Fiume attraverso il TNCdF, con il proprio Documento di Posizione e Proposta del 2020 (DPP2020), sviluppato attraverso una serie di assemblee tenutesi sui territori regionali, chiedeva un riconoscimento dei CdF all’interno della politica di coesione. Il DPP2020 nel corso dello stesso anno è stato recepito dalla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati nella Risoluzione 8-00092 del 18 nov. 2020 che ha creato le condizioni per l’inserimento dei CdF nell’Accordo di Partenariato tra Italia e Commissione europea relativo al ciclo di programmazione 2021-2027 del 15 luglio 2022, approvato con decisione di esecuzione della Commissione C(2022) 4787 in cui tra le forme di governance partecipata, con il seguente testo “ Contratti di Fiume” …..saranno valorizzate, inoltre, le iniziative progettuali di tutela ambientale fondate su strumenti partecipativi ( ad e. i Contratti di Fiume o altri strumenti volontari) in quanto in grado di responsabilizzare operatori e comunità locali nella corretta gestione delle risorse naturali…
Questo indirizzo dell’Accordo di Partenariato ha avuto ripercussioni dirette nella programmazione dei fondi strutturali (FSC e FESR) delle regioni italiane traducendosi in un potenziale di risorse destinate ai CdF da utilizzare sulla base dei loro Programmi d’Azione. Di seguito si citano alcuni esempi.
Per quanto attiene alla Regione Piemonte il supporto ai CdF è previsto all’interno del Programma Regionale FESR 2021/2027. Priorità II Transizione ecologica e resilienza. Obiettivo specifico 2.4 – “Promuovere l’adattamento ai cambiamenti climatici, la prevenzione dei rischi di catastrofe e la resilienza, prendendo in considerazione approcci ecosistemici” – Azione II.2iv.5 “Interventi per aumentare la resilienza dei territori fluviali al cambiamento climatico”. DGR 24-6664 del 27 marzo 2023. Bando a sportello “Misura A: territori con un processo di Contratto di fiume, di Lago e di Zona umida”, per una dotazione pari a € 5.423.550,00.
Per quanto attiene alla Regione Abruzzo, il Fondo Sviluppo e Coesione, FSC 2021 – 2027, alla Linea di Intervento 05.02, Risorse Idriche, prevede il finanziamento di attività relative alla realizzazione e al completamento dei Piani d’Azione e ai progetti di fattibilità tecnica economica dei quadri strategici dei Contratti di Fiume e per il supporto alla realizzazione di stralci funzionali ai Programmi d’azione di CdF una dotazione pari a € 28.300.000. Altri interventi connessi all’attuazione dei Programmi d’azione, riguarderanno l’implementazione degli standard di fornitura dei servizi ecosistemici, per aumentare la resilienza del territorio fluviale interessato e per prevenire il depauperamento degli ecosistemi. Saranno privilegiati gli interventi per la valorizzazione paesaggistica, la tutela dei bacini e dell’ambiente fluviale (ad es. rinaturalizzazione, de-impermeabilizzazione, eliminazione detrattori ambientali) finalizzati anche favorirne la maggiore fruizione, per un importo pari a € 10.000.000. Ulteriori fondi pari a 18.040.00 sono previsti Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) alla Priorità III – Energia e Ambiente, per la tutela della Biodiversità e il miglioramento degli ecosistemi naturali dentro e fuori i Siti Natura 2000 (2.7.1) e per l’attivazione di CdF (2.7.2).
La Regione Campania li prevede nei FESR all’azione 2.7.1 – Sviluppare il sistema delle infrastrutture verdi in ambito urbano e extra-urbano e rafforzare il sistema delle aree protette per la tutela della biodiversità, degli habitat e delle specie protette. Fra gli interventi da realizzare attraverso l’azione, particolare rilievo assumono quelli previsti nell’ambito di iniziative territoriali di area vasta che attraverso forme di pianificazione strategica e negoziata perseguono la finalità della tutela, della corretta gestione delle risorse idriche e della valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico e alla valorizzazione del territorio, come ad esempio i “Contratti di Fiume”, regolamentati, nel contesto regionale con L.R. n. 5/ 2019 e istituiti nell’ordinamento nazionale con Legge n. 221/2015 “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy” e che concorrono alla “definizione e all’attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico”.
La Regione Sicilia li ha inseriti nel PO FESR – Programma Europeo Sviluppo Regionale 2021 – 2027 Obiettivo Strategico di Policy 2 – Priorità per una Sicilia più verde – OS 2.4 Promuovere l’adattamento ai cambiamenti climatici, la prevenzione dei rischi di catastrofe e la resilienza, prendendo in considerazione approcci eco sistemici. Considerato che tali interventi debbano preferibilmente essere attuati nell’ambito dei Contratti di fiume e dei Contratti di costa al fine di perseguire oltre che la mitigazione e prevenzione dei rischi, anche il riequilibrio ambientale e la valorizzazione paesaggistica, l’uso sostenibile delle risorse e la fruizione turistica sostenibile.
La “messa a terra” delle politiche pubbliche attraverso i CdF non riguarda solo la pubblica amministrazione alle diverse scale, ma tutti i soggetti che vi possono contribuire.
Si tratta di diffondere in forma più capillare possibile il senso di responsabilità delle comunità locali. Partendo dall’assunto che le comunità tendono a condividere un “senso comune del luogo” nei confronti dei paesaggi e degli ambienti circostanti. Questo legame naturale della comunità con il territorio può risultare uno strumento potente per il suo recupero e per una gestione a vantaggio della comunità stessa ma anche, in termini più ampi, dell’ambiente e della società. In questo senso, si stanno diffondendo nuove forme di partenariato pubblico privato per sostenere le azioni promosse dai CdF (Fig. 4), configurandosi come progetti di custodia (stewarship).
Fig. 4. Dai Contratti di Fiume ai progetti di custodia – il processo di costruzione di una stewardship partecipata (Bastiani M., Venerucci V. Interreg Coastrust, 2025).
I PPP sono generalmente intesi come collaborazioni tra le autorità pubbliche e il settore privato (imprenditoriale), comunemente legate alla costruzione o alla ristrutturazione, alla gestione e alla manutenzione di opere e infrastrutture pubbliche (ad esempio, vie di comunicazione, edifici pubblici, alloggi sociali, ecc.). I PPP possono però avere anche un obiettivo di conservazione e ripristino della natura e, in quanto tali, possono essere parte di un’iniziativa di gestione dell’ambiente fluviale e marino. Attualmente, attraverso queste nuove forme collaborative, le imprese ma anche i grandi gruppi industriali, vengono invitati a sostenere programmi di “Stewardship”, all’interno dei CdF con l’obiettivo di sviluppare collaborazioni e partenariati tra le imprese e le comunità locali.
La presenza di queste iniziative all’interno di un CdF, aggiunge un livello di garanzia per gli stakeholder che cercano di distinguere i veri sforzi di sostenibilità delle imprese dal semplice greenwashing. In Italia un caso interessante è quello del gruppo marchigiano Loccioni, tra i protagonisti del CdF Esino, che dopo un grave alluvione che aveva colpito i suoi stabilimenti, ha messo in campo un investimento proprio, in un progetto pubblico-privato (il fiume è una proprietà pubblica) che è diventato un laboratorio per l’innovazione sociale e il design, con il supporto di geologi, ingegneri ambientali e architetti del paesaggio. Ne è derivato un master plan attuato sull’Esino dal nome 2 km di futuro® che è stato anche selezionato ed esposto a Palazzo Italia, durante EXPO Milano 2015. Lo strumento del master plan appare in questo senso, particolarmente adatto per la rappresentazione/realizzazione di scenari strategici e azioni integrate di tipo win win. Le esperienze di Master Plan realizzate nei CdF, sono molteplici e meriterebbero certamente un approfondimento (Bastiani 2024). Tra queste a titolo indicativo, ricordiamo: Master Plan per il parco fluviale dell’Arno (Magnaghi, Giacomozzi del 2009) Master Plan per il Tratto urbano del Tevere a Ponte Felcino – Perugia (Bastiani, Nigro, Venerucci del 2011), (Fig. 4), Master Plan dell’ambito urbano del Tevere “Rigenerazione Tevere Urbano, infrastruttura d’acqua natura e cultura” (Tullio, Monteduro, Proietti Tocca del 2023), Master Plan per il fiume Elsa (Lingua del 2023).
Questa tipologia di approccio adottata dai CdF, dovrebbe dare un contributo sempre maggiore allo sviluppo delle azioni di coordinamento nazionale degli interventi a sostegno delle pratiche partenariali partecipative, previste, ad esempio all’interno del PN Capacità per la Coesione 2021‐2027, Priorità 3 “Supporto alla Governance e all’attuazione della Politica di Coesione, Azione 3.2 “Sviluppo del coordinamento nazionale degli interventi a sostegno delle pratiche partenariali partecipative”.
In questo quadro, sarà importante anche approfondire il ventagio delle prospettive aperte sul tema dei partenariati pubblico privato, dal nuovo codice appalti (D.lgs. n. 36/2023). Il codice da infatti una nuova definizione, ampia e articolata sia per quanto riguarda il partenariato pubblico privato contrattuale, che quello istituzionale. Condizione che potrebbe incidere non poco sulla messa in opera di quanto previsto dai programmi d’azione dei CdF.
In conclusione, è bene sottolineare che sulla scorta delle esperienze di Contratto di Fiume che si sono sviluppate in Italia da più di un decennio e che rappresentano “buone pratiche” di riferimento in materia di gestione sostenibile dei bacini idrografici e in virtù di un quadro normativo sempre più favorevole ai progetti di comunità, si sta avviando una nuova fase. Affrontare le sfide complesse che si stanno già delineando nel nostro presente non potrà basarsi solo su una fiducia incondizionata nella tecnologia, seppur sempre più avanzata. La tecnologia potrà essere un valido aiuto, ma percorrere la strada della transizione, o se volgiamo della metamorfosi, perché non si tratti di un percorso puramente utopistico, dovrà basarsi su di un nuovo umanesimo, sulla valorizzazione delle persone e sulla capacità di viveri in armonia con il nostro ambiente.
Nei prossimi anni ai CdF è chiesto di divenire strumenti di gestione ordinaria, a cui affidare il compito di promuovere l’attuazione integrata e partecipata a livello territoriale degli interventi che mirano alla gestione dei rischi alluvionali, alla tutela, al ripristino e all’uso sostenibile dei corsi d’acqua, previsti da piani e programmi internazionali nazionali e regionali. La realizzazione di questo ulteriore passaggio, richiede da un lato di stabilire un patto etico tra amministrazioni e cittadini e dall’altro di far interagire in modo virtuoso i diversi livelli istituzionali corresponsabili dell’attuazione delle politiche pubbliche tra di loro e con le comunità locali.
Riferimenti bibliografici
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UNESCO World Water Assessment Programme, (2021). Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche 2021: il valore dell’acqua, Perugia Italia.
- Un suolo può incamerare fino a 3.750 tonnellate di acqua per ettaro, o circa 400 mm di precipitazioni. L’impermeabilizzazione riduce l’assorbimento di pioggia nel suolo, in casi estremi impedendolo completamente. Viceversa l’infiltrazione di acqua piovana nei terreni talvolta fa si che essa impieghi più tempo per raggiungere i fiumi, riducendo la portata e quindi il rischio di inondazioni (mitigazione naturale delle alluvioni da parte del territorio). A.N.B.I. (Associazione Nazionale dei Consorzi di bonifica) Piano Nazionale per la Riduzione del Rischio Idrogeologico, 2013 ↑
- Uso qui il termine “persona”, nell’accezione richiamata da Stefano Rodotà, nel suo intervento del 2011 su “La dignità della persona” tenuto presso la Scuola di Cultura Costituzionale, allorché cita il preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, dove è presente un’affermazione molto impegnativa: «l’Unione pone la persona al centro della sua azione». ↑
- Dati forniti dal Tavolo Nazionale dei Contratti di Fiume (2025). ↑
- Nel calcolo delle diverse tipologie di contratto sono stati scorporati i dati che facevano riferimento a più corpi idrici presenti nello stesso contratto, ad esempio nel caso dei Contratti di Fiume e Lago ↑
- La prima riunione ufficiale del Tavolo Nazionale dei Contratti di Fiume si tiene a Umbertide il 4 aprile 2008, organizzato dal Forum di Agenda 21 dell’Alta Umbria, con il contributo della Regione dell’Umbria, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, proponendosi come un’occasione di confronto tra le esperienze attivate. ↑
- Hans Joachim Schellnhuber, climatologo del Cbe Potsdam Institute for Climate Impact Research e membro della Pontificia Accademia della Scienza, intervenuto al XII Forum internazionale Greenaccord dell’Informazione ambientale Rieti, 16 novembre 2015 ↑
- Open Gov Hub Partecipazione ParteciPa piattaforma promossa dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dal Dipartimento per le Riforme istituzionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Area di Lavoro Contratti di Fiume https://partecipa.gov.it/assemblies/contratti-di-fiume?locale=it ↑