Parole chiave: Governance, Integrazione, Comunità di fiume, Riqualificazione fluviale, Attuazione
Keywords: Governance, Integration, River community, River restoration, Implementation
Abstract:
IT) Il contributo intende riflettere sul mutamento come carattere distintivo del percorso compiuto dal Contratto di Fiume del Canale Reale, sottoscritto nel 2021 e giunto alla elaborazione del suo secondo Programma d’Azione. L’esperienza, coordinata e sostenuta dalla partnership tra Regione Puglia e Politecnico di Bari, consente di riflettere sui mutamenti intercorsi nell’approccio ai problemi del fiume e del suo territorio, nell’individuazione di soluzioni condivise, nella costruzione di processi di governance allargata inediti e sperimentali. Ma soprattutto, consente di osservare come la progressiva messa a fuoco del valore ambientale e paesaggistico del fiume abbia investito strati sempre più ampi della società, a partire dai singoli e dalle associazioni fino a coinvolgere le stesse istituzioni locali.
EN) The aim of this paper is to reflect on change as a distinctive feature of the path taken by the Royal Canal River Contract, signed in 2021 and now in the drawing up of its second Action Programme. The experience, coordinated and supported by the partnership between the Apulia Region and the Polytechnic University of Bari, makes it possible to reflect on the changes that have taken place in the approach to the problems of the river and its territory, in the identification of shared solutions, and in the construction of unprecedented and experimental processes of extended governance. But above all, it allows us to observe how the progressive focus on the environmental and landscape value of the river has invested increasingly broader strata of society, starting with individuals and associations and ending with the involvement of local institutions themselves.
Introduzione
Spazio e tempo sembrano essere coordinate utili a introdurre una riflessione sul caso del Contratto di Fiume del Canale Reale.
Lo spazio è quello di un contesto del sud Italia; una provincia pugliese attraversata da dinamiche contraddittorie che hanno caratterizzato la storia di lungo periodo, poi i decenni dello sviluppo industriale e infine la attuale fase di riposizionamento nel contesto italiano e del mediterraneo. La sopraggiunta e recente notorietà e attrattività turistica della regione in campo mondiale, dovuta al permanere dei valori storici e paesaggistici e non certo alle politiche di industrializzazione, ha poi mutato la considerazione dei luoghi e scatenato processi ancora contraddittori, tra valorizzazione – e mercificazione – turistica e insorgenti e impattanti fenomeni di uso del suolo per la produzione di impianti da fonti energetiche rinnovabili, alimentati anche da una agricoltura in recessione e resa sempre meno remunerativa, dai mercati come dal cambiamento climatico.
Il tempo è sufficientemente lungo per consentire di osservare e cogliere le dinamiche del cambiamento: a partire dalle prime iniziative di ricerca e sensibilizzazione, passando poi per i movimenti d’opinione che hanno consentito di porre l’attenzione sul piccolo fiume a carattere torrentizio, denominato Canale Reale, per le sue cattive condizioni, fino a divenire caso pilota per l’applicazione nel contesto regionale dello strumento dei Contratti di Fiume[1], sottoscritto e ora in piena fase attuativa, nell’arco di 6 anni – un tempo tutto sommato limitato, ma scandito dalla continuità dell’azione – è maturata un’esperienza che consente oggi un bilancio e alcune riflessioni sui molti cambiamenti intercorsi: dalla partecipazione degli attori, istituzionali e non, alla natura della progettualità sul territorio, financo alla percezione del luogo da parte di una comunità sempre più ampia e consapevole.
Si intende indagare questo profondo processo di trasformazione osservando da un lato l’evolversi della presenza e della postura degli attori territoriali nella direzione di una governance allargata (Magnaghi, 2020), dall’altro esaminando come i progetti attuativi della strategia del Contratto stiano mutando nei contenuti, superando approcci e soluzioni meramente settoriali che per decenni hanno caratterizzato gli interventi sulle acque sulla spinta della cultura dell’emergenza (Bastiani, 2011).
Una esperienza pilota di attivazione, tra ambiente, paesaggio e territorio
In un contesto regionale caratterizzato da uno storico deficit della pianificazione territoriale, gli anni 2000 si sono caratterizzati per un diffuso impulso alla redazione di norme e piani orientati soprattutto alla tutela delle fragilità territoriali[2] e allo sviluppo compatibile (Angelastro e Paparusso, 2020), fino ad arrivare nel 2015 all’approvazione di un nuovo Piano paesaggistico, adeguato al Codice dei Beni culturali e del paesaggio e pienamente nel solco culturale della Convenzione europea del paesaggio. Il Piano assume anche una valenza territoriale e pertanto si caratterizza per l’assunzione di una visione strategica, articolata in obiettivi generali e specifici, progetti territoriali, documenti di indirizzo e linee guida per la loro realizzazione (Barbanente e Grassini, 2022). Contempla inoltre, tra gli strumenti di governance per l’attuazione della visione strategica, una molteplicità di accordi e strumenti, tra i quali i Contratti di Fiume.
Parallelamente, per iniziativa della Sezione Risorse Idriche regionale, la Puglia aderiva nel 2017 al Tavolo nazionale dei Contratti di Fiume e avviava così la stagione sperimentale della loro attuazione. Stipulava quindi un accordo di collaborazione scientifica con il Politecnico di Bari, mirato a implementare lo strumento nel contesto regionale attraverso il progetto pilota – il caso qui analizzato – e la conseguente stesura di Linee guida regionali[3], uno strumento teso a supportare i processi nascenti degli altri Contratti[4].
Si veniva a consolidare quindi una azione ad ampio spettro di strumenti tesi alla tutela e, con il Piano paesaggistico, allo sviluppo sostenibile del territorio, cui ha fatto da contrappunto una perdurante latenza della pianificazione territoriale soprattutto al livello intermedio.
Nella provincia di Brindisi, territorio che ha visto nei decenni dell’industrializzazione un cambiamento profondo della struttura economico-produttiva, della società e del paesaggio, trasformato dall’insediamento della grande industria e della grande portualità, la successiva crisi produttiva ha trovato il tessuto sociale e culturale impoverito, l’antica e fiorente agricoltura marginalizzata, anche a causa delle cattive condizioni ambientali determinate dall’industria stessa; l’assenza di una pianificazione territoriale ben rappresenta questa difficoltà a maturare una visione condivisa.
È possibile ritenere che proprio in questo vuoto di visione, in una parte della provincia storicamente a destinazione agricola, non ancora investita appieno dai fenomeni di turisticizzazione, attorno al piccolo fiume denominato Canale Reale che scorre nella piana brindisina e sfocia nel mare Adriatico nell’area protetta di torre Guaceto, abbia trovato spazio progressivamente l’esperienza del Contratto di fiume del Canale Reale, nata dall’intersezione di istanze dal basso con la volontà dell’istituzione regionale di avviare nuove forme di governance di tipo associativo e pattizio (Caruso, 2020).
Il periodo di attivazione del Contratto, durato circa due anni, ha visto una partecipazione volontaria e incrementale e le lunghe giornate del COVID, con le numerose riunioni a distanza, hanno consentito di sedimentare i rapporti e di renderli pratica costante di confronto e di elaborazione. La rete istituzionale e sociale costruita, con la guida e il supporto della Segreteria tecnica costituita presso il Politecnico, ha portato alla progressiva costruzione di una visione comune per il bacino del Canale Reale e di una strategia di sviluppo locale, ambedue contenute nel Documento strategico del Contratto.
Un progetto di territorio
Il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale adottava una strategia multisettoriale articolata in rapporto alle specificità e alle diversità dell’assetto idrogeologico regionale; nel territorio della piana brindisina, il PPTR individuava il Reale come Corridoio fluviale a naturalità residuale ed elevata antropizzazione, da ripensare come corridoio ecologico multifunzionale terra-mare. Il Piano, tuttavia, necessitava di essere contestualizzato nel territorio.
La visione strategica del Contratto di fiume ha assunto l’obiettivo di territorializzare la visione contenuta nel Piano paesaggistico, integrarla con gli altri piani regionali settoriali e specificarne i contenuti alla scala del bacino idrografico; al contempo, ha messo in valore le conoscenze, le pratiche d’uso, le discipline e le proposte degli attori locali, istituzionali e non; ha infine costruito forme di interazione tra questi due livelli, basate su una attenzione costante ai punti di vista e alle esigenze di tutti (Bastiani, 2011) con la finalità di delineare obiettivi e strategie comuni.
Il paesaggio dunque è stato l’elemento costitutivo basilare del progetto di territorio, specificato e territorializzato nello Scenario Strategico per il Canale Reale: lo Scenario esplicita la visione di riferimento e gli obiettivi generali e specifici riferiti a quattro tematismi (sicurezza idraulica, quantità e qualità delle acque ed ecosistema fluviale, ruralità, patrimonio e fruizione); inoltre definisce progetti integrati, strategie territoriali e azioni in attuazione degli obiettivi. Ad esso è associata la Mappa del Contratto di Fiume (Fig. 1), un masterplan ad ampia scala che rappresenta la territorializzazione dello Scenario Strategico (Moccia, Voghera, 2019) e ne comunica i contenuti attraverso la forza evocativa del disegno (Prusicki, 2020). Essa rappresenta la strategia spaziale del Contratto, nel solco del consolidamento delle esperienze di regional design (Balz, 2023), ma anche un progetto di territorio (Magnaghi, 2007), nel suo tentativo di integrarne le diverse dimensioni e gli attori che la determinano. Il progetto di territorio, informale, volontaristico e dinamico, per la sua natura non ha perimetri amministrativi, non ha procedure e normative da rispettare; esso trae la sua forza dalla condivisione con la quale è stato costruito: i sottoscrittori del Contratto si impegneranno a realizzarlo, in tutto o in parte, ciascuno per il progetto in cui è o sarà impegnato come attore (Calace, 2020). Esso infatti deriva da una paziente combinazione e razionalizzazione di progettualità, già presenti ma scollegate e autoriferite, in una visione complessiva del Reale come spina portante per riqualificare e valorizzare l’intero territorio del bacino e i differenti paesaggi che lo caratterizzano.
Lo Scenario strategico e la sua Mappa hanno avuto un duplice ruolo: da un lato, hanno consentito di collocare le azioni nei contesti locali che con esse interagiscono, per costruire sinergie e affrontare possibili interferenze; dall’altro, hanno coinvolto e reso consapevoli gli attori del processo avviato, anche contribuendo a sedimentare, attraverso il riconoscimento del proprio territorio, una identità di comunità, venuta meno con la deterritorializzazione degli ultimi decenni.
Fig. 1. Documento Strategico. Gli Obiettivi e la Mappa del Contratto di Fiume.
Attuazione-monitoraggio-aggiornamento: un delicato circolo virtuoso
La costruzione del Primo Programma d’azione e l’impegno al relativo svolgimento, assunto da parte dei Soggetti responsabili con la sottoscrizione del Contratto di Fiume[5], hanno dato avvio alla fase attuativa. Il Programma, composto da 16 Attività (poi diventate 19), ha riguardato:
- interventi immateriali, di sensibilizzazione e di formazione di tecnici e cittadini; di fruizione del territorio per costruire la consapevolezza dei valori ambientali e paesaggistici; di approfondimento della conoscenza, sviluppando attività di ricerca applicata al territorio da parte degli istituti di ricerca coinvolti;
- interventi materiali, volti soprattutto ad affrontare in modo nuovo questioni annose del territorio, che non avevano trovato soluzioni attuative tramite le pratiche ordinarie di relazioni interistituzionali e che necessitavano di opere strutturali: riuso delle acque reflue, mitigazione del rischio idraulico, miglioramento della qualità ambientale.
Gli attori proponenti e responsabili sono stati, rispettivamente, le università, gli enti di ricerca e formazione e le associazioni di cittadinanza e, d’altra parte, gli enti territoriali gestori del corpo idrico o dell’area protetta posta alla foce del Canale Reale. Meno propositivi i Comuni, spesso osservatori più che partecipi del processo.
Data la mancanza di una formula consolidata cui attenersi, l’attuazione del primo Programma di Azione si è caratterizzata come pratica di sperimentalismo attivo (De Luca et al., 2021): azioni di ‘microgovernance’, ovvero di accompagnamento, facilitazione, assistenza tecnica, verifica delle criticità rilevate per l’avanzamento di ciascuna delle azioni; azioni aggiuntive, non previste al momento della stesura del Programma, spesso determinate da occasioni di ricerca e comunque finalizzate a sperimentare nuove forme di avvicinamento e di coinvolgimento delle comunità e dei cittadini; specifici protocolli attuativi per l’istituzione di veri e propri tavoli di co-pianificazione e co-progettazione, per le azioni che richiedevano interventi particolarmente complessi e multiattoriali, legati perlopiù alla progettazione di opere strutturali a scala territoriale.
In questo campo si sono registrate le più interessanti innovazioni nell’approccio progettuale: ad esempio, nel caso dell’azione mirata alla risoluzione delle problematiche di pericolosità idraulica in un ambito periurbano e soggetto a previsioni e pressioni insediative, dopo aver sperimentato scenari alternativi attraverso i lavori di research by design (Roggema, 2017) (Fig. 2), si è giunti all’importante risultato di approfondire lo studio delle dinamiche idrauliche per l’intera asta idrica, piuttosto che per la sola parte coinvolta, portando alla realizzazione di un masterplan che potrà essere il riferimento basilare per tutti gli interventi legati alla mitigazione (Fig. 3). L’introduzione poi di tecniche basate sulla natura, sulla restituzione dello spazio all’acqua, condivise con i diversi soggetti del protocollo, ha comportato un profondo e irreversibile mutamento del punto di vista anche degli enti locali, tradizionalmente inclini ad adottare soluzioni settoriali, apparentemente semplici, ma costose e impattanti.
Gli esiti del primo Programma, analizzati dal monitoraggio e discussi nell’Assemblea dei sottoscrittori, hanno portato alla formulazione del secondo Programma d’Azione, che ha assunto caratteri diversi e significativi.
Anzitutto si sono affacciati soggetti nuovi, che hanno trovato terreno fertile per azioni di alfabetizzazione ambientale e cittadinanza attiva. È questo il caso della nota associazione Plant for the planet[6], che ha scelto il contesto del Contratto di Fiume e delle scuole del territorio per attuare percorsi di formazione basati sull’educazione ambientale.
Fig. 2. Gestione delle acque in regime ordinario e straordinario. Laboratorio di Laurea “Acque e progetti di territorio. L’Alto Salento”. Corso di Laurea in Architettura, Politecnico di Bari, a.a. 2021-22.
Fig. 3. I sottobacini del Canale Reale e un focus sulle possibili aree di espansione naturale. Studio idrologico-idraulico del bacino del Canale Reale per la mitigazione del rischio idraulico in coerenza con gli obiettivi del Contratto di Fiume (Masterplan); ASSET, aprile 2024.
In secondo luogo, l’effetto traino del primo Programma ha convinto i municipi più scettici delle opportunità consentite dal Contratto; d’altra parte, problemi decennali mai giunti ad una fase di risoluzione hanno convinto i più che valesse la pena tentare di affrontarli da un altro punto di vista, quello della logica del Contratto basata su un allargamento dello sguardo dal singolo problema all’intero contesto come potenziale soluzione, nonché su un incessante dialogo e confronto teso non a semplificare il problema adottando soluzioni parziali, ma integrando competenze. È questo il caso delle azioni, proposte da diversi comuni, di riuso delle acque dei propri depuratori, stimolate dalle non solo dalle drammatiche conseguenze della crisi idrica, ma anche dal dibattito e dalle proposte, poi neppure attuate, circolate nel Contratto di Fiume durante il primo Programma d’azione.
Le azioni più complesse, che avevano comportato la necessità di protocolli attuativi nel primo programma e non portate a compimento, sono state riproposte nel secondo, con le variazioni dovute al maturare dei tempi, a passaggi di testimone tra soggetti responsabili, a parziali aggiustamenti in obiettivi e programmi.
Infine soggetti della cittadinanza attiva, che nel primo Programma d’azione avevano svolto attività di sensibilizzazione e fruizione del territorio, come ad esempio le associazioni dei “Cicloamici”, nel secondo Programma si propongono come soggetti attivi in grado di indirizzare le azioni amministrative, ad esempio nel campo della redazione dei piani comunali di ciclabilità. Un salto di qualità nell’azione che genera un nuovo livello di collaborazione e co-pianificazione, attribuendo alla governance allargata una operatività nuova.
Il cambiamento come cifra dell’esperienza
Senza alcun dubbio, in ogni strategia la fase attuativa è la prova più sfidante, nella quale si misura la reale condivisione degli obiettivi, l’attivismo degli attori, la qualità della governance, l’effettiva volontà di interazione per produrre interventi integrati. Poter osservare l’attuazione nel suo sviluppo temporale – in questo caso dal primo al secondo Programma d’Attuazione – nel mutare delle condizioni, nei successi e negli insuccessi, nelle consapevolezze acquisite, consente di trarre alcune riflessioni.
Da un lato si è visto l’evolversi della presenza e della postura degli attori territoriali, ovvero l’avvicendarsi del protagonismo di alcuni di essi e il mutamento del punto di vista e delle capacità relazionali e di azione degli attori, aderendo progressivamente allo spirito della governance allargata.
Si è notato inoltre che solo una combinazione sistematica tra azioni dal basso, da parte della società organizzata e della comunità, e azioni delle istituzioni riesce a far compiere un salto di qualità nei processi di governance. Solo se ciascuna delle componenti ha la percezione che anche l’altra si sia mobilitata, ciascuna per le proprie competenze e capacità d’azione, avviene quell’assunzione di responsabilità che porta al compimento delle azioni intraprese.
D’altra parte, va notato che l’adesione ai processi di governance collaborativa comporta come naturale ricaduta l’interdisciplinarità come postura costante e un approccio integrato come risposta alla complessità: infatti i progetti attuativi della strategia del Contratto stanno progressivamente mutando nei contenuti, superando la settorialità e l’autoreferenzialità dei singoli interventi per adottare un approccio integrato e abbracciare temi nuovi per questo territorio, quali la riqualificazione fluviale e l’adattamento al cambiamento climatico.
Stando ai segnali emergenti dalla società, il cambiamento è registrabile anche nella percezione: è possibile ritenere che siamo di fronte a un vero e proprio processo di patrimonializzazione del fiume (Magnaghi, 2020; Broccolini, 2023); dapprima corpo estraneo nel territorio, ignorato e marginale, poi progressivamente osservato, riscattato nell’immagine – al punto da farne un Festival[7] – entrato nel discorso pubblico, sebbene tuttavia non ancora motore di sviluppo locale.
Ma non tutto quanto previsto si è realizzato, non tutti hanno partecipato e non tutte le decisioni sono state prese, come segnalato nel monitoraggio. È dunque necessario indagare sulle motivazioni profonde delle difficoltà al cambiamento, per esaminare in profondità la complessità dell’approccio negoziale nella riqualificazione degli ambienti fluviali, e non solo, con la finalità di comprendere per quali contenuti ed entro quali limiti l’approccio negoziale e partecipato qui esaminato possa essere utilmente praticato nella gestione dell’ampio spettro dei problemi e dei conflitti territoriali.
Indubbiamente un tema centrale è la necessità di risorse, finanziarie e organizzative, indispensabili non solo per la realizzazione delle azioni previste, ma anche per garantire la continuità e la qualità della gestione del Contratto; in questa esperienza pilota, la presenza di una Segreteria tecnica, dotata quindi delle competenze necessarie a tenere vivo il processo e supportarlo nei suoi passaggi, indubbiamente ha consentito di raggiungere risultati significativi.
Non solo: va attentamente considerato che i processi di governance non sostituiscono le decisioni e i processi istituzionali e tutti gli interventi debbono comunque seguire i relativi iter autorizzativi; per far sì allora che i tavoli di co-pianificazione e co-progettazione non sembrino un appesantimento superfluo, è necessario che l’apporto collaborativo dei partecipanti sia sostanziale e non formale, contribuendo ad indirizzare la qualità della progettazione tanto quanto la correttezza degli iter procedurali, riducendo così ex ante le incoerenze e i deficit che spesso rallentano i percorsi autorizzativi.
In definitiva, è necessario riflettere sulle potenzialità di queste forme di programmazione negoziata nel proporre una nuova progettualità e nuove configurazioni organizzative e funzionali, in quanto esperienze di questa natura possono traguardare prospettive e sviluppi futuri di un mutato approccio ai temi dell’ambiente e del paesaggio, che possano travalicare l’esperienza dei Contratti, per porsi come prospettive di innovazione nell’ambito del governo del territorio.
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- Per approfondire il processo di formazione del CdF, si veda Calace (2020, 2023), Calace et. al (2023, 2024). ↑
- Nel periodo 2005-2016 venivano predisposti e poi aggiornati diversi strumenti per la gestione del rischio idraulico (il Piano stralcio di assetto idrogeologico PAI dal 2005, cui ha fatto seguito il Piano di Gestione del Rischio Alluvioni PGRA nel 2016); per la tutela della risorsa idrica (il Piano di Tutela delle Acque dal 2009 e il Piano di Gestione delle Acque dal 2013); veniva inoltre approvato il Piano Regionale delle Coste. ↑
- Approvate con DRG n. 145 del 20/02/2023. ↑
- Ad oggi risultano avviati i Contratti del Lago di Occhito, della Bassa e Media Valle dell’Ofanto e del Canale Asso. ↑
- Il Contratto di Fiume è stato sottoscritto nel luglio 2021 da 28 soggetti nella forma di Accordo di Programma Regionale ai sensi dell’art 12, comma 8 della Lr 28/2001 “Riforma dell’ordinamento regionale in materia di programmazione, bilancio, contabilità regionale e controlli”, nonché dell’art. 34 del D. Lgs. 267/2000. ↑
- Plant for the planet è un movimento globale per ripristinare gli ecosistemi forestali per affrontare la crisi climatica e la perdita di biodiversità. Plant for the Planet ITALIA ODV (https://www.plant-for-the-planet-italia.org/), con ISBEM e Salva il Suolo, intende sviluppare, attraverso protocolli d’intesa con le scuole, forme di collaborazione di PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, ex Alternanza Scuola-Lavoro) per migliorare la formazione degli studenti dei Licei e degli Istituti Tecnici su temi/mansioni green. ↑
- In chiusura del primo Programma d’azione, una ulteriore forma di coinvolgimento dei sottoscrittori, dei portatori d’interesse e delle comunità locali è stata l’organizzazione del “Canale Reale Green Festival. Settimana della Comunità consapevole e responsabile per la piena sostenibilità del territorio attraversato dal Canale Reale”, che ha costituito la chiave di volta del cambiamento e di un salto di qualità nell’azione del Contratto. Il programma delle numerose attività di esplorazione, divulgazione, svago e spettacolo, citizen science, è presente in https://contrattodifiumecanalereale.it/news-ed-eventi/. ↑