Parole chiave: Evoluzione dei Contratti di Fiume, Pubblico, Privato, Accordi, Ambiente
Keywords: Evolution of River Contracts, Public, Private, Agreements, Environment
Abstract:
IT) L’articolo esplora l’evoluzione della funzione dei Contratti di Fiume attraverso la lente del diritto amministrativo. Introdotti con l’art. 68-bis del Codice dell’Ambiente, questi strumenti volontari di programmazione negoziata mirano a coordinare l’azione tra enti pubblici e privati per la gestione sostenibile delle risorse idriche, la tutela ambientale e la valorizzazione del territorio. Si intende analizzare le diverse fasi evolutive dei Contratti di Fiume, dalla loro origine come risposta delle comunità locali ai problemi idrici locali, fino al loro ruolo attuale come strumenti strategici per l’attuazione della Nature Restoration Law e l’implementazione dei pagamenti per servizi ecosistemici (PES) ed accordi agroalimentari d’area.
EN)The article explores the evolution of the function of River Contracts through the lens of administrative law. Introduced with Article 68-bis of the Environmental Code, these voluntary negotiated planning tools aim to coordinate actions between public and private entities for the sustainable management of water resources, environmental protection, and territorial enhancement. The analysis focuses on the different evolutionary phases of River Contracts, from their origins as a response by local communities to water-related issues, to their current role as strategic instruments for implementing the Nature Restoration Law and facilitating collaboration between administrations and economic operators to develop payments for ecosystem services (PES) and area-based agri-food agreements.
1. Premessa metodologica. I Contratti di Fiume e la tutela dell’ambiente
La legge 28 dicembre 2015, n. 221 ha introdotto all’interno del Codice dell’Ambiente, con l’art. 68-bis, un nuovo strumento per coordinare l’azione delle diverse amministrazioni (risolvendo così le inefficienze di una complessità multilivello) e nel contempo per ottenere l’apporto da un lato dei cittadini interessati al miglioramento delle politiche ecologiche delle acque e, dall’altro, degli stakeholders, capaci di investire risorse economiche.
Il successo di questi strumenti, ad oggi in Italia vi sono oltre 200 Contratti di Fiume attivati, di cui 80 sottoscritti (Bastiani, 2024), è spiegabile alla luce della necessità di garantire una corretta gestione dei bacini idrografici, unita a un’efficace azione di tutela delle acque, che rappresenta una delle questioni prioritarie da affrontare con maggiore determinazione e pragmatismo, alla luce soprattutto degli ormai evidenti e sempre più gravi effetti dei cambiamenti climatici, con conseguenti costi economici, ambientali e di vite umane. Gli eventi alluvionali che hanno colpito l’Italia hanno evidenziato gli errori fatti in passato: molti bacini idrografici sono stati in parte alterati da estrazioni d’acqua non controllate, da un’eccessiva cementificazione dei territori, da una inadeguata manutenzione, con conseguenze negative sulla qualità e disponibilità di acqua e impatti sugli habitat naturali.
In altre parole, i Contratti di Fiume (CdF), strumenti volontari di programmazione negoziata volti al contenimento del degrado eco – paesaggistico e alla riqualificazione dei bacini e sottobacini idrografici coinvolgono soggetti che operano nel territorio, incentivando il sostegno e la responsabilità nelle azioni che si intendono perseguire e favorendo una maggiore consapevolezza del pubblico sul valore del bene acqua e degli ecosistemi acquatici.
L’importanza giuridica maggiore dei Contratti di Fiume risiede nel fatto che si introduce nell’ordimento giuridico italiano uno strumento volontario che concorre alla definizione e attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto attraverso l’adesione volontaria da parte di attori pubblici e privati a un processo di partecipazione condiviso che attiva meccanismi di responsabilizzazione di ciascun soggetto nell’attuare gli impegni assunti e nel portare avanti le azioni concordate per la salvaguardia di un “bene comune”, in una logica “custodiale ” della risorsa (Boscolo, 2012).
Emerge da queste premesse una figura polimorfa dei Contratti di Fiume, modellata sui caratteri idrologici e territoriali dei luoghi e sulla collaborazione tra amministrazioni e comunità, che non possono essere compresi solo con il diritto o con le scienze umane (Leone, 2024, Boscolo 2024). Per il che appare opportuna una periodizzazione, una distinzione dei Contratti di Fiume nei diversi momenti di attuazione. In una prima fase i Contratti di Fiume hanno rappresentato uno strumento di coordinamento delle azioni amministrative, spesso con un ruolo di supplenza rispetto alle carenze dell’azione programmatoria pubblica in relazione a corpi idrici profondamente degradati con iniziative delle comunità territoriali. Nel momento in cui si scrive, dopo l’approvazione dei piani di gestione distrettuali, e l’introduzione nel Codice dell’ambiente di una espressa previsione legislativa i Contratti di Fiume si caricano di un significato ulteriore e divengono uno strumento privilegiato di attuazione dei contenuti dei piani di gestione e di attuazione delle azioni a scala decentrata locale. Per chi scrive la direzione verso la quale oggi i Contratti di Fiume dovrebbero tendere è quella individuata, da un lato, nel porsi come strumento per lo sviluppo di pagamenti di servizi ecosistemici e, dall’altro, nell’essere strumenti di attuazione della Nature Restoration Law, come si dirà di qui a poco.
2. L’evoluzione dei Contratti di Fiume
Non sfugge, pertanto, allo studioso che legge con attenzione i Contratti di Fiume una evidente dinamica evolutiva. In una prima fase di diffusione spontanea dei Contratti di Fiume, infatti, l’azione delle politiche idriche è stata svolta con un coinvolgimento della popolazione locale, capace di esprimere una conoscenza dei luoghi e accumunati da interessi identitari e fruitivi rispetto ai quadranti fluviali. I Contratti di Fiume si affermano come strumenti volti a garantire in primo luogo il raccordo tra amministrazioni che portano nella formazione del contratto competenze tecniche, decisionalità locali, per combattere principalmente l’inquinamento dei fiumi dialogando con le popolazioni locali, sopperendo anche alla mancanza di un’azione programmatoria pubblica in relazione ai corpi idrici degradati. Le prime esperienze di Contratti di Fiume lombardi (Olona-Bozzente-Lura e Lambro) sono sollecitate da cittadini ed associazioni e rispondono alla preoccupazione di inquinamento dei fiumi.
Questa prima fase termina con l’adozione da parte del legislatore dell’art. 59 della L. 28 dicembre 2015, n. 2211, che ha inserito al capo II del titolo II della parte terza del Testo unico dell’Ambiente, l’art. 68-bis, già richiamato. L’art. 59 della L. 221/2015 è stato preceduto e succeduto da plurimi interventi normativi regionali, così come da protocolli d’intesa nazionali e locali. Tali interventi aiutano a definire gli elementi chiave dei Contratti di Fiume, fornendo al contempo un quadro sistematico oramai abbastanza delineato. Molti di tali interventi, per qualche verso, fanno implicitamente o esplicitamente riferimento ai principi contenuti nella “Carta Nazionale dei Contratti di Fiume” del 2010, cui ha fatto seguito il documento guida titolato “Definizioni e requisiti qualitativi di base dei Contratti di Fiume”, redatto il 12 marzo 2015 dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare in collaborazione con l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
Il punto di svolta, che ha inaugurato la stagione del presente, è rappresentato dall’introduzione nel 2015 dell’art. 68-bis del Codice dell’Ambiente, secondo cui “I Contratti di Fiume concorrono alla definizione e all’attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree”. La norma eleva i contratti a componente propositiva ed attuativa della pianificazione di bacino (e di sottobacino) che danno attuazione al disegno tracciato dalla Direttiva 2000/60/CE (e dalla direttiva alluvioni 2007/60/CE).
La figura del Contratto di Fiume nel tempo più recente ha assunto anche la funzione di paradigma di un modello di gestione sostenibile e condivisa potenzialmente estensibile a tutte le risorse (beni comuni) ambientali e paesaggistici, in grado di garantire un supplemento di effettività nel confronto con i modelli imperniati sulla sola iniziativa autoritativa dell’amministrazione.
Siffatti interventi legislativi segnano il passaggio e un ampliamento degli interessi perseguiti: non più solo lotta all’inquinamento, al dissesto e all’erosione dei suoli, ma anche progetti di valorizzazione del paesaggio identitario (attribuendo al paesaggio e alla sua percezione, una funzione determinante per la qualità ambientale, abitativa, di relazione sociale della vita della popolazione) e dello sviluppo del turismo. In altre parole, il punto di partenza resta il riequilibrio idrogeologico e la qualità ecologica degli ambienti legati al fiume, il punto di arrivo sono progetti che si fondano anche sulla patrimonializzazione del paesaggio e delle sue peculiarità identitarie per la riattivazione dei sistemi economici locali, con la costruzione di filiere integrate agricoltura/turismo/cultura.
La disamina dei programmi d’azione già attuati conferma la presenza di misure definite “win-win” : interventi di difesa idraulica che guardano anche all’esigenza di migliorare la qualità ambientale del corso d’acqua; approcci progettuali che affrontano le problematiche di difesa idraulica attraverso una analisi complessiva delle dinamiche fluviali e della morfologia del corso d’acqua tendendo a recuperare aspetti di maggiore naturalità del corso fluviale; ripristini e/o realizzazioni di aree umide plurifunzionali (biodiversità, spazio fluviale, miglioramento della qualità delle acque, fruizione); attività di formazione ed educazione ambientale integrate in processi di co-progettazione partecipata.
Vi è di più. I Contratti di Fiume possono contribuire agli obiettivi della Nature Restoration Law di abbattere gli ostacoli obsoleti (Parisio, 2023). La Nature Restoration Law, approvata con il voto favorevole del Consiglio del 17 giugno 2024[1]ed entrata in vigore il 18 agosto 2024, a seguito di un lungo e complesso iter, si inserisce all’interno di un corposo quadro giuridico internazionale ed europeo che comprende strategie e piani d’azione per proteggere la natura e ripristinare gli habitat e rimuovendo le barriere fluviali per fare in modo che almeno venticinque mila chilometri di fiumi siano entro il 2050 a flusso libero[2]. L’interruzione del flusso d’acqua da parte delle attività umane ha un impatto negativo sui servizi ecosistemici: dighe e barriere non solo possono aumentare il rischio di inondazioni e influire sulla qualità dell’acqua, ma impediscono la migrazione dei pesci. Emerge preponderante, in questo caso, la filosofia di fondo della riforma, tesa a superare, da un lato, la logica punitiva così diffusa in materia ambientale, a favore di una logica ex ante di tutela dell’ambiente, e dall’altro, a privilegiare tecniche discrezionali di contemperamento tra interessi pubblici tra loro, nonché tra interessi pubblici e privati (il che implica la partecipazione delle comunità locali).
3. I Contratti di Fiume come luogo privilegiato per lo sviluppo di PES e di Accordi agroalimentari d’area
I Contratti di Fiume rappresentano, inoltre, il contesto giuridico ideale per lo sviluppo dei pagamenti dei servizi ecosistemici: come i PES e gli Accordi agroalimentari d’area. Siffatti strumenti vengono utilizzati in tutto il mondo per incentivare la fornitura di servizi ecosistemici, promuovendo obiettivi di conservazione e sviluppo sostenibile.
Al fine di evitare lo sfruttamento delle risorse naturali e per assicurare la salvaguardia dei servizi ecosistemici a beneficio anche delle generazioni future sono stati introdotti espedienti per riconoscere un valore ai servizi naturali e sono stati utilizzati strumenti contrattuali per implementare i meccanismi di remunerazione. Si tratta di contratti in cui «l’impatto dell’ambiente non pesa soltanto come parametro meritevole di ponderazione, ma assurge a oggetto specifico della transazione pubblica» (Cafagno, 2019).
Sulla base della definizione di Wunder è possibile notare che accanto a PES privati finanziati dai beneficiari privati diretti, detti anche PES puri, esistono PES pubblici finanziati dagli enti pubblici, detti anche quasi-PES, e, infine, PES per la compensazione economica (pagamenti compensativi, volti a compensare il costo-opportunità di alcune restrizioni legate all’uso delle risorse, ad es. pagamenti in aree protette, prelievi idroelettrici, ecc.).
L’Unione Europea ha iniziato recentemente a sviluppare un quadro normativo che integra a tutti gli effetti i PES. L’art. 31 del Regolamento (Ue) 2021/2115[3] dispone che gli Stati membri istituiscono e forniscono un sostegno a favore dei regimi volontari per il clima, l’ambiente e il benessere degli animali alle condizioni stabilite dal Regolamento e dai Piani strategici della PAC. L’attenzione del legislatore converge sui regimi ecologici che consentono di finanziare pratiche agricole e forestali che favoriscono la salvaguardia della biodiversità, la conservazione del suolo e la gestione delle risorse idriche. Siffatti strumenti consensuali possono essere inquadrati nei pagamenti dei servizi ecosistemici che rappresentano, chi scrive ne è convinta, un’arma vincente a tutela dell’ambiente anche a garanzia degli interessi delle generazioni future. La nuova Politica Agraria Comune non rappresenta solo un aggiornamento normativo, ma un vero e proprio cambio di paradigma nella gestione delle risorse agricole e naturali. I regimi ecologici, al centro di questa trasformazione, non sono un obbligo imposto dall’Unione Europea, bensì un’opportunità per ripensare l’agricoltura come un motore di sostenibilità e innovazione. Tuttavia, l’efficacia di queste misure dipenderà dalla capacità di andare oltre la semplice applicazione necessitata dall’appartenenza all’Unione Europea, gli ecoschemi devono essere integrati in strategie territoriali che valorizzino le specificità locali, coinvolgendo attivamente agricoltori, enti pubblici e privati, e comunità locali in un percorso di co-creazione.
Ebbene, i Contratti di Fiume (si è già detto ed ora si vuol ribadire) rappresentano il contesto giuridico ideale per lo sviluppo dei pagamenti dei servizi ecosistemici.
Il Contratto di Fiume Marecchia, ad esempio, definisce chiaramente gli obiettivi ecologici, economici e sociali da raggiungere, come la qualità dell’acqua, la biodiversità, la prevenzione delle alluvioni e la valorizzazione del territorio. I benefici e i contributi degli stakeholder nel Contratto di Fiume possono essere visti come un sistema di scambio, dove le comunità locali (fornitori) implementano pratiche di gestione sostenibile in cambio di benefici ecologici, economici o sociali (acquirenti). Infine, includono meccanismi di monitoraggio e verifica per assicurare che le azioni concordate vengano effettivamente realizzate, in linea con il principio di condizionalità dei PES.
Il Contratto di Fiume Marecchia evidenzia la necessità di procedere mediante:
a) la predisposizione di elaborati che restituiscono il processo di analisi e valutazione delle funzioni ecologiche del sistema ambientale della Valmarecchia;
b) la definizione dei SE e il riconoscimento del loro valore economico;
c) la redazione di Bilanci ecologico-economici;
d) la predisposizione di incontri e seminari con gli agricoltori e gli allevatori.
Tale Contratto di Fiume rinvia al caso di Romagna Acque-Società delle Fonti che nel 2001 ha messo in opera uno schema di pagamento per incoraggiare i proprietari di boschi (pubblici e privati) ad adottare pratiche sostenibili di gestione forestale.
Inoltre, nel Contratto di Fiume Marecchia vi è un rinvio al progetto Making Good Natura, (finanziato dal programma LIFE della Commissione Europea) attraverso il quale il Parco Sasso Simone e Simoncello ha attivato un PES sul foraggio che consiste nell’affitto da parte dell’Ente Parco agli allevatori di aree a pascolo. L’introito dell’affitto viene utilizzato per mantenere le funzioni ecologiche proprie del pascolo.
Infine, val la pena di menzionare anche gli Accordi agroalimentari d’area (AAA) per la tutela del suolo e la prevenzione del rischio di dissesto ed alluvioni, strumenti finalizzati alla promozione e realizzazione di accordi per garantire un approccio territoriale integrato, in grado di favorire maggiore consapevolezza degli agricoltori sui temi ambientali, con il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati in un progetto d’area condiviso.
Il processo prevede l’attivazione di interventi coordinati, volti alla mitigazione di criticità specifiche di una determinata area geografica, attraverso una nuova sostenibilità dello sviluppo e tutela del patrimonio agricolo, naturale e culturale, così come è avvenuto con le azioni promosse nel Contratto di Fiume Foglia nei Comuni Sassocorvaro-Auditore, Lunano-Piandimeleto, Frontino-Carpegna (PU). Sicché i Contratti di Fiume rappresentano il luogo privilegiato per la discussione e la sottoscrizione di siffatti contratti.
È di rilievo, per le riflessioni che si stanno svolgendo, la volontà di riconoscere all’agricoltore il ruolo insostituibile di conoscitore e cultore della propria terra, concordando la realizzazione di misure che intervengono principalmente sulle cause, piuttosto che sugli effetti, attraverso virtuose procedure a garanzia della corretta manutenzione dei terreni. Gli AAA risultano pertanto un efficace strumento di attuazione dei Contratti di Fiume con la effettiva riconnessione delle comunità ai loro territori fluviali, favorendo l’integrazione delle competenze, dei saperi e delle tradizioni[4].
Infine, val la pena di menzionare anche gli Accordi agroalimentari d’area per la tutela del suolo e la prevenzione del rischio di dissesto ed alluvioni, strumenti finalizzati alla promozione e realizzazione di accordi per garantire un approccio territoriale integrato, in grado di favorire maggiore consapevolezza degli agricoltori, con il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati in un progetto d’area condiviso.
Il processo prevede l’attivazione di interventi coordinati, volti alla mitigazione di criticità specifiche di una determinata area geografica, attraverso una nuova sostenibilità dello sviluppo e tutela del patrimonio agricolo, naturale e culturale, così come è avvenuto con le azioni promosse nei Contratti di Fiume Foglia nei Comuni Sassocorvaro-Auditore, Lunano-Piandimeleto, Frontino-Carpegna (PU).
4. Considerazioni conclusive
In sede di conclusione è opportuno ribadire che i modelli dell’amministrazione condivisa stanno dimostrando che la probabilità di trovare una soluzione ai problemi di risorse comuni è maggiore quando agli individui coinvolti è fornito un elevato livello di informazione ed esiste una considerevole libertà di prendere parte a una vasta gamma di istituzioni sociali. La partecipazione dei proprietari terrieri, delle associazioni ambientaliste, delle imprese idroelettriche alla costruzione di progetti in grado di migliorare la sicurezza idrologica degli ecosistemi fluviali rappresenta un esempio significativo. I numerosissimi Contratti di Fiume stipulati testimoniano la capacità di adottare moduli procedurali che assicurino un’ampia partecipazione dei cittadini, ricorrendo a strumenti di democrazia partecipativa. L’esigenza di andare in questa direzione deriva, da un lato, da un’attenta lettura del nuovo dettato costituzionale (art.9) e, dall’altro, dalla constatazione, confermata dagli studi più avanzati in materia, che tali strumenti possano garantire l’ottimale gestione e salvaguardia del bene in proprietà collettiva.
È opportuno, pertanto, che la normazione si occupi dei Contratti di Fiume (invero, richiamati nel Piano Strategico Nazionale (PSN), nella Politica Agricola Comune (PAC) 2023-2027, cosi come nel Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PPNAC), approvato a dicembre 2023), ma anche dei Contratti di Lago, Costa e Falda, che attualmente non sono regolamentati dalla legislazione italiana, prevedendo anche l’introduzione di risorse specifiche per il supporto operativo e l’accompagnamento per l’avvio di queste strategie e per la gestione delle fasi di attuazione, che richiedono uno sforzo di coordinamento tra i diversi attori istituzionali e portatori di interessi.
Preme evidenziare che con l’approvazione della Nature Restoration Law da parte dell’Unione Europea, i Contratti di Fiume acquisiscono una rilevanza ancora maggiore, in quanto strumenti cruciali per il raggiungimento degli obiettivi di ripristino ecologico a livello locale e regionale. La legge europea impone agli Stati membri di adottare misure concrete per il restauro della biodiversità, compreso il ripristino dei fiumi, delle acque e degli habitat naturali. I CdF, già orientati verso una gestione sostenibile delle risorse idriche, si configurano pertanto come un’opportunità per integrare le politiche di ripristino ecologico nei contesti territoriali, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità fissati a livello comunitario. È necessario che il legislatore prenda atto di questo nuovo ruolo dei Contratti di Fiume che si affianca all’altro compito emergente che, si è detto, va nella direzione di stimolare la conclusione di pagamenti di servizi ecosistemici e di Accordi agroalimentari, in piena attuazione della nuova PAC.
Riferimenti bibliografici:
Boscolo E. (2012). Le politiche idriche nella stagione della scarsità, Milano.
Id. (2022). Orientamenti per la diffusione delle misure win-win. L’approccio win-win nei Contratti di Fiume. Integrazione a scala locale delle politiche di gestione dei corpi idrici attraverso la partecipazione. In M. BASTIANI, A. BIANCO, G. CONTE, G. GUSMAROLI.
Id. (2022). Politiche idriche adattative nella stagione della scarsità. Dall’emergenza alla regolazione, in Piemonte delle autonomie.
Boscolo E. (2024) Introduzione. In I Contratti di Fiume : riflessioni interdisciplinari, (a cura di) C. LEONE, Milano, 2024
Cafagno M.(2019). Analisi economica del diritto e ambiente. Tra metanarrazioni e pragmatismo.In Il diritto dell’economia, 2019, n. 2, 155
Leone C. (2024). I Contratti di Fiume negli argini del diritto amministrativo, Editoriale scientifica, Napoli.
Parisio V. (2023). Risorse idriche, Contratti di Fiume e amministrazione condivisa, in Federalismi.it, 2023, 190
- Il Regolamento (UE) 2024/1991, noto come “Nature Restoration Law”, si può leggere sul sito eur-lex.europa.eu, entrato in vigore il 18 agosto 2024. Il 22 giugno 2022 la Commissione Europea ha avviato l’iter legislativo con una proposta di legge sul ripristino della natura, per contribuire al recupero a lungo termine degli ambienti naturali deteriorati nelle aree terrestri e marine dell’UE, il Parlamento europeo ha approvato il 12 luglio scorso la Nature Restoration Law, il 30 novembre 2023 i membri della Commissione ENVI (Ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare) del Parlamento Europeo hanno votato a favore della Nature Restoration Law. ↑
- Articolo 9. Ripristino della connettività naturale dei fiumi e delle funzioni naturali delle relative pianure alluvionali: «1. Gli Stati membri compilano un inventario delle barriere artificiali alla connettività delle acque superficiali e, tenendo conto delle funzioni socio-economiche delle barriere artificiali, individuano quelle da rimuovere al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di ripristino di cui all’articolo 4 del presente regolamento e dell’obiettivo dell’Unione di ripristinare almeno 25 000 km di fiumi a scorrimento libero entro il 2030, fatti salvi la direttiva 2000/60/CE, in particolare l’articolo 4, paragrafi 3, 5 e 7, e il regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, in particolare l’articolo 15. 2. Gli Stati membri rimuovono le barriere artificiali alla connettività delle acque superficiali individuate nell’inventario realizzato a norma del paragrafo 1 del presente articolo, conformemente al piano per la loro rimozione di cui all’articolo 15, paragrafo 3, lettere i) e n). Nell’eliminare le barriere artificiali, gli Stati membri considerano innanzitutto quelle obsolete, segnatamente quelle che non sono più necessarie per la produzione di energia rinnovabile, la navigazione interna, l’approvvigionamento idrico, la protezione dalle inondazioni o altri usi». ↑
- Regolamento (UE) n. 2021/2115 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 2 dicembre 2021, recante norme sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell’ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga i regolamenti (UE) n. 1305/2013 e (UE) n. 1307/2013. ↑
- Premio nazionale Contratti di Fiumi, 2020, in www.altascuola.org, in particolare, p. 62. ↑