Disegno della città e benessere

Massimo Sargolini, Tiziana Cotrufo, Rosanna Di Natale, Stefania La Grutta, Christian Pristipino, Lorenzo Sargolini, Giovanni Viegi

Parole chiave: Sviluppo sostenibile, Piano e progetto di città, Spazi aperti, Qualità della vita, Benessere.

Keywords: Sustainable development, Plan and project of the city, Outdoor spaces, Quality of life, Well-being.

Abstract:

IT) L’innalzamento della qualità della vita è una delle principali sfide dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del movimento “Healthy Cities” (Tsouros A.D., 2015). Il Sustainable Development Goals presenta un focus speciale incentrato sulla promozione del benessere psico-fisico per tutte le fasce di età. Gli stretti rapporti tra aspetti biogenetici, comportamenti e ambienti di vita debbono ancora essere investigati a fondo per approfondire le conoscenze sulle relazioni tra salute e dinamiche urbane e territoriali.

EN) Raising the quality of life is one of the main challenges of the World Health Organization and the “Healthy Cities” movement. The Sustainable Development Goals have a special focus on promoting psycho-physical well-being for all age groups. The close relationships between biogenetic aspects, behaviors and living environments still need to be thoroughly investigated to better understand the relationships between health and urban and territorial dynamics.

1. La salute umana nell’organizzazione urbana e territoriale

Il disegno della città è sempre stato strettamente connesso, in modo più o meno manifesto, a problemi e questioni legate al benessere e alla salute degli abitanti. Spesso, enfatizzando alcuni aspetti peculiari, si afferma che la stessa disciplina dell’urbanistica sia nata con la legge per il risanamento della città di Napoli (1885), a seguito di una gravissima epidemia di colera avvenuta nel 1884 (Gabellini P., 2001). Si avviò in quel modo un grande intervento di trasformazione urbana, che cambiò molti dei quartieri storici della città, al fine di affrontare e risolvere alcuni problemi igienico-sanitari di zone della città che erano state le principali cause della diffusione del colera. La cultura igienista di fine Ottocento apre dunque il dibattito tra forma, struttura organizzativa della città e salute umana.

Tuttavia, è solo con il D.M. 1444 del 2 aprile 1968 che si definiscono gli standard urbanistici per garantire a tutta la popolazione una dotazione minima di spazi pubblici, parcheggi e verde, al fine di assicurare quel livello sufficiente di attività sociali e ricreative da svolgere all’aperto. Invero, la cultura architettonica, qualche decennio dopo, considererà insufficiente questo provvedimento legislativo, che si attesta su un rapporto alfanumerico tra insediamenti residenziali e spazi aperti (nelle diverse forme in cui si prospettano), auspicando maggiore attenzione alla forma e all’ubicazione di queste aree. Quindi, va riconosciuto che, con questo decreto, per la prima volta, si dà rilevanza all’area verde, che assume un ruolo importante nella vita degli abitanti, e non è semplicemente un’area in attesa di assumere la destinazione urbanistica di “area fabbricabile”.

Dopo poco più di due decenni, il 6 dicembre 1991, con il varo della Legge Quadro sulle aree protette, si sviluppano le prime sperimentazioni per nuove organizzazioni della città e del territorio, sia studiando modalità di interazione tra natura e artefatto, sia mettendo in stretto rapporto sistemi di protezione della natura e trend di prospezioni sociali ed economiche (Sargolini M., 2010 a; Sargolini M., 2010 b).

Non è stato facile integrare una visione di mantenimento degli spazi aperti verdi, al solo scopo di favorire la bioconnettività e preservare la biodiversità, con obiettivi più strettamente orientati al miglioramento del benessere degli abitanti insediati. Tuttavia, molte sono le ricerche che intendono dare nuovi significati e valori al sistema dei parchi e delle riserve regionali e nazionali, oltre che ai siti Natura 2000 e alle reti ecologiche (Sargolini M. et alii, 2006). Una spinta è pervenuta nel momento della condivisione di piani e progetti per parchi e aree protette con lo sviluppo sociale, e quindi con le esigenze e le attese delle comunità. Solo a quel punto si è compreso che le grandi riserve naturali e, ancor più, le prime penetrazioni verdi concorrono a definire il sistema di welfare di grandi e piccole città, modificando / innovando obiettivi urbanistici per conseguire un miglioramento della qualità della vita ed introducendo nuove modalità di abitare.

L’umanizzazione della natura, conseguita con il Rinascimento, ha posto le condizioni per aprire ad una visione olistica, che segna un grande passo in avanti dopo l’idealizzazione da parte della cultura classica e la rilevanza esclusivamente religiosa del Medioevo. L’Ottocento e la rivoluzione industriale hanno aperto alla visione sistemica. Ma è solo la intensa stagione della pianificazione dei paesaggi (considerato che la classificazione delle aree protette, definita dall’IUCN – Unione Internazionale per la Conservazione della Natura nel 1994, definisce quasi tutti i nostri parchi nazionali, “paesaggi protetti”) degli ultimi trent’anni che riempie di nuove prospettive e visioni molti ambiti geografici, non solo quelli interni e marginali. Per la prima volta, si osserva il parco urbano come una grande risorsa per il riequilibrio ecologico, al fine di offrire servizi culturali e ricreativi ai cittadini e di condizionare positivamente i comportamenti degli user (Lawson, B., 2004).

Il design thinking diviene uno strumento efficace per dare concretezza ai servizi ecosistemici e, quindi, per affrontare le sfide connesse all’urbanizzazione ed altre questioni globali come il cambiamento climatico. Associato al monitoraggio degli effetti di nuove economie circolari, esso differisce da metodi tradizionali di pianificazione urbana in quanto pone una maggiore enfasi sulla comprensione e sullo stimolo del comportamento dei cittadini per affrontare le sfide urbane. In tal senso, il design thinking punta a indurre nuovi modi di vita in città attraverso interventi mirati e puntuali che fanno capo a una visione d’uso della città nuova e sostenibile (Lawson B., 2004).

Infine, la crisi sanitaria del 2020 ha offerto ulteriori occasioni di ripensare il valore e il ruolo degli spazi aperti della città. Sperimentando nuove abitudini e comportamenti sono stati apprezzati alcuni spazi outdoor della città precedentemente ritenuti marginali, riscoprendone straordinarie potenzialità (Pierantoni I. et alii, 2020).

Tuttavia, molto spesso, queste prime mosse sono supportate solo da sporadiche ed episodiche intuizioni riguardo proprio il rapporto tra territori, città e salute degli abitanti (Cocci Grifoni R. et alii, 2018).

Lo stesso grande tema dei servizi ecosistemici intesi come “benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano” mette in evidenza la ricchezza delle risorse che la natura può mettere a disposizione, ma non si declina ancora nelle scienze mediche e sanitarie con prospettive realmente innovative nella gestione delle patologie e nell’anticipazione dello stato di benessere.

Insomma, l’urbanistica deve fare ancora la sua parte per mettere al centro l’uomo e i suoi bisogni nel progetto degli ambienti di vita (Gehl J., 2010). Declinare visioni e scenari strategici in progetti coordinati e diffusi nella città richiede una più profonda conoscenza delle risposte che l’intervento programmato può offrire in termini sanitari e quindi sociali (Cocci Grifoni R. et alii, 2018).

 

Riferimenti bibliografici

Cocci Grifoni R., D’Onofrio R., Sargolini M., (2018); Quality of life in Urban Landscape. In search of a decision support system; Springer, Cham Switzerland.

Gabellini P., (2001); Tecniche Urbanistiche; Carocci Editore, Roma.

Gehl J. (2010), Cities for People, Island Press, Washington-Covelo-London.

Lawson, B. (2004) What Designers Know. Oxford: Architectural Press.

Pierantoni I., Pierantozzi M., Sargolini M., (2020); “A qualitative review for the reorganization of human living Environmentes”; in: Applied sciences.

Pierantoni I., Sargolini M., (2020); Protected areas and local communities. A challenge for inland development. ListLab, Trento.

Sargolini M., (2010 a); “Piano per il Parco”; in: Dizionario delle Aree Protette”; Edizioni ETS, Pisa.

Sargolini M., (2010 b); “Piano pluriennale economico e sociale”; in: Dizionario delle Aree Protette”; Edizioni ETS, Pisa.

Tsouros A.D. (2015); “Twenty-seven years Of the WHO European Healthy Cities movement: a sustainable movement for change and innovation art the local level”, Health Promotion International.

 

2. Aree verdi per la respirazione

Negli ultimi anni vi è stato un interesse crescente, nella letteratura specialistica, riguardo agli effetti sulla salute del verde urbano (greenness), comprendente spazi verdi, parchi e infrastrutture verdi. I parametri quantitativi del verde possono essere basati su indici di vegetazione derivati ​​da satellite, come il Normalized Difference Vegetation Index (NDVI) e il Soil Corrected Vegetation Index (SAVI), o sulla percentuale derivata dall’uso del territorio o sulla distanza da diverse coperture/infrastrutture verdi (Dinand Ekkel E, Sjerp de Vries S., 2017). Disponendo, quindi, di dati epidemiologici della popolazione urbana, è possibile valutare le associazioni tra il verde urbano e la salute (Squillacioti G. et alii, 2024).

Un numero crescente di prove supporta gli effetti benefici di esposizione al verde su diversi risultati sanitari. L’esposizione al verde è stata precedentemente associata a un miglioramento di salute mentale e benessere, riduzione della mortalità, obesità e malattie cardiovascolari o miglioramento del sistema immunitario ed esiti della nascita. Tuttavia, i dati sull’apparato respiratorio rimangono incoerenti o inconcludenti, come evidenziato da recenti revisioni sistematiche. Alcuni studi hanno riferito che vivere più vicino ai parchi o essere più esposti al verde è protettivo contro asma ed esiti respiratori (Cilluffo G. et alii, 2022a) o, allo stesso modo, che la bassa esposizione al verde è un fattore di rischio per il mancato controllo dell’asma (Cilluffo G., 2022b). Altri studi hanno scoperto il contrario o non hanno riportato alcuna associazione (Cilluffo G. et alii, 2018).

Le malattie respiratorie croniche sono tra le malattie più diffuse in tutto il mondo, colpendo sia gli adulti sia i giovani, ed essendo responsabile, nel 2019, di 71,1 milioni (intervalli di incertezza al 95% 64,7–77,0) anni di vita persa e 32,4 milioni (26,1–38,5) anni vissuti con disabilità (Institute of Health Metrics and Evaluation – IHME, 2019, https://ghdx.healthdata.org/gbd-2019). L’asma è la malattia non trasmissibile più comune tra i bambini (Ferrante G., La Grutta S., 2018). La sua prevalenza è elevata durante l’infanzia, soprattutto nei ragazzi prima della pubertà, con un tasso di remissione relativamente alto durante l’età adulta.

I fattori di rischio per l’asma e le malattie respiratorie vanno dall’esposizione ambientale alle caratteristiche individuali, come sesso, età e predisposizione genetica. Un modello multifattoriale, sottolineando l’interazione tra i geni e l’ambiente, è stato recentemente proposto per riconoscere i fattori che contribuiscono all’esordio delle malattie allergiche respiratorie, come asma e rinite (Ferrante G. et alii, 2018). Inoltre, il crescente grado di urbanizzazione ha messo i riflettori su alcuni fattori ambientali emergenti, inclusi gli spazi grigi che sono stati associati allo stato allergico (Maio S. et alii, 2022) ed il verde.

Il verde contribuisce favorevolmente alla salute respiratoria attraverso i seguenti potenziali percorsi. In primo luogo, le piante possono rimuovere gli inquinanti dall’aria (Diener A., Mudu P. 2021) e migliorare la qualità dell’aria mitigando l’inquinamento dell’aria esterna, un fattore di rischio riconosciuto per molte malattie respiratorie (De Matteis S. et alii, 2022; Maio S. et alii, 2023). In secondo luogo, l’esposizione nei primi anni di vita ad aree vegetate con biodiversità può supportare la capacità immunomodulante dei bambini influenzando il loro microbiota. Infine, l’accesso a parchi e spazi verdi può anche ridurre l’obesità e il comportamento sedentario incoraggiando l’attività fisica, con effetti positivi sulla salute generale e respiratoria. Alcune prove provenienti da studi trasversali hanno recentemente suggerito che vivere in aree più verdi è associato a livelli più bassi di stress ossidativo nei bambini (Squillacioti G. et alii 2022). Nonostante questi percorsi potenzialmente coinvolti nella prevenzione o nel miglioramento di malattie preesistenti, il verde può anche influenzare negativamente la salute respiratoria esponendo gli individui ad aeroallergeni e sostanze chimiche dannose, come pollini, funghi spore, pesticidi o composti volatili biogenici. È da considerare, comunque, che la definizione generica di verde non distingue tra specie botaniche e tipologie di vegetazione. In molte città d’Europa sono già attive esperienze di rigenerazione urbana con maggiore presenza di aree verdi orientate a promuovere benefici fisici e mentali dovuti all’aumento dell’attività fisica (mobilità attiva) ed a ridurre il peso delle disuguaglianze di salute, tipicamente caratterizzanti le aree urbane periferiche.

È importante segnalare che il tema dell’integrazione dei principi di salute e benessere delle aree verdi nel contesto degli interventi di pianificazione urbana è stato ampiamente incluso tra gli obiettivi del progetto ERASMUS+ CliCCHE Climate change, cities, communities and Equity in health (2021-1-IT02-KA220-HED-000032223). In particolare, la realizzazione di una checklist orientata alla salute e alle pratiche di mitigazione dei cambiamenti climatici ha incluso le aree verdi e gli spazi aperti tra i temi centrali della pianificazione urbana, che consentono di selezionare lo scenario “ottimale” per una determinata area di riferimento.

Riferimenti bibliografici

Cilluffo G, Ferrante G, Fasola S, Drago G, Ruggieri S, Viegi G, Cibella F, La Grutta S. (2022a); “Association between greenspace and lung function in Italian children-adolescents”; Int J Hyg Environ Health; 242:113947. doi: 10.1016/j.ijheh.2022.113947.

Cilluffo G, Ferrante G, Fasola S, Montalbano L, Malizia V, Piscini A, Romaniello V, Silvestri M, Stramondo S, Stafoggia M, Ranzi A, Viegi G, La Grutta S. (2018); “Associations of greenness, greyness and air pollution exposure with children’s health: a cross-sectional study in Southern Italy”; Environ Health. 5;17(1):86. doi: 10.1186/s12940-018-0430-x.

Cilluffo G, Ferrante G, Murgia N, Mancini R, Pichini S, Cuffari G, Giudice V, Tirone N, Malizia V, Montalbano L, Fasola S, Pacifici R, Viegi G, La Grutta S. (2022b); “Effects of Polycyclic Aromatic Hydrocarbons on Lung Function in Children with Asthma: A Mediation Analysis”; Int J Environ Res Public Health; 5;19(3):1826. doi: 10.3390/ijerph19031826.

De Matteis S, Forastiere F, Baldacci S, Maio S, Tagliaferro S, Fasola S, Cilluffo G, La Grutta S, Viegi G. (2022); Issue 1 – “Update on adverse respiratory effects of outdoor air pollution”. Part 1): “Outdoor air pollution and respiratory diseases: A general update and an Italian perspective”; Pulmonology; 28(4):284-296. doi: 10.1016/j.pulmoe.2021.12.008.

Diener A, Mudu P. (2021) “How can vegetation protect us from air pollution? A critical review on green spaces’ mitigation abilities for air-borne particles from a public health perspective – with implications for urban planning”; Sci Total Environ. 20;796:148605. doi: 10.1016/j.scitotenv.2021.148605.

Dinand Ekkel E., Sjerp de Vries S. (2017); “Nearby green space and human health: Evaluating accessibility metrics”; Landscape and Urban Planning; 157:214-220. doi.org/10.1016/j.landurbplan.2016.06.008.

Ferrante G, Fasola S, Cilluffo G, Piacentini G, Viegi G, La Grutta S. (2018); “Addressing Exposome: An Innovative Approach to Environmental Determinants in Pediatric Respiratory Health”; Front Public Health. 14;10:871140. doi: 10.3389/fpubh.2022.871140.

Ferrante G, La Grutta S. (2018); “The Burden of Pediatric Asthma” Front Pediatr. 22;6:186. doi: 10.3389/fped.2018.00186.

Maio S, Baldacci S, Tagliaferro S, Angino A, Parmes E, Pärkkä J, Pesce G, Maesano CN, Annesi-Maesano I, Viegi G. (2022); “Urban grey spaces are associated with increased allergy in the general population” Environ Res. 15;206:112428. doi: 10.1016/j.envres.2021.112428.

Maio S, Sarno G, Tagliaferro S, Pirona F, Stanisci I, Baldacci S, Viegi G. (2023); “Outdoor air pollution and respiratory health”; Int J Tuberc Lung Dis; 1;27(1):7-12. doi: 10.5588/ijtld.22.0249.

Squillacioti G, Carsin AE, Bellisario V, Bono R, Garcia-Aymerich J. (2022); “Multisite greenness exposure and oxidative stress in children. The potential mediating role of physical activity”; Environ Res.; 209:112857. doi: 10.1016/j.envres.2022.112857.

Squillacioti G., Fasola S., Ghelli F., Colombi N., Pandolfo A., La Grutta S., Viegi G, Bono R. (2024); “Different greenness exposure in Europe and respiratory outcomes in youths. A systematic review and meta-analysis”. Environ Res. 12;247:118166. doi: 10.1016/j.envres.2024.118166.

 

3. Salute cognitiva e mentale

Può sembrare ovvio considerare gli spazi verdi come grandi apportatori di benefici per la salute con particolare attenzione a quella del cervello, ma non lo è. Bisogna riflettere sugli spazi minimi necessari per l’apprendimento nelle scuole, per la funzionalità degli ospedali, per l’organizzazione dei negozi alimentari, o per l’apparizione di allergie e per molti altri casi (Dimitrov‑Discher A. et alii, 2022). Senza dubbio, però, una gran fetta del benessere mentale per il cervello dipende dalla presenza di questi polmoni verdi nelle città. Basta pensare che lo sviluppo del cervello nel bambino dipende da finestre temporali critiche e plastiche, che dipendono non solo da fattori intrinseci (i geni) ma anche da fattori estrinseci o epigenetici (l’esperienza che noi facciamo dell’ambiente che ci circonda) (Cotrufo T., 2019). Se mediante queste attività i neuroni non lavorassero potrebbero correre il rischio di andare incontro a morte cellulare programmata (in gergo tecnico, apoptosi) e perdere le capacità per funzionare correttamente. Per questo motivo, è di estrema importanza bilanciare tutti gli aspetti necessari allo sviluppo ma anche l’aspetto cognitivo in adulti con Alzheimer (Besser L., 2021). In precedenti studi condotti su giovani, adulti e anziani di età considerevole, gli spazi verdi, intesi come parchi pubblici, spazi aperti o vegetazione, sono importantissimi per aumentare il numero di neuroni in aeree della corteccia cerebrale. Un’altra caratteristica importante per il cervello è la presenza di luce e sole negli ambienti verdi. L’alternarsi delle stagioni rende necessario creare grandi finestre da dove scorgere alberi e cespugli, ambienti ideali per la concentrazione. Parte di questo cervello cognitivo si sviluppa grazie all’applicazione del motto mens sana in corpore sano che si può realizzare al meglio solo in spazi grandi e verdi. Quindi è necessario proteggere e far crescere questi tipi di territori e paesaggi per poterne fare uso nella vita quotidiana, rendendo più forte anche l’intelligenza sociale a favore di un accrescimento del benessere.

Questi parchi o scenari sono così importanti che, in realtà, rappresentano un vero e proprio polmone con cui il cervello può respirare e mediante il quale, senza stress e senza ansia, organizza tutto il cablaggio di cui ha assolutamente bisogno per gestire le sue aree e funzionare. Architettura delle città verdi ed architettura di questo organo così prodigioso sono chiaramente in armonia. Infatti, un neurone è spesso considerato analogo a un albero.

L’analogia imperfetta con il computer e le città verdi

Il riferimento del cervello al computer non è gratuito. Si tratta dell’analogia abituale con la quale ci siamo abituati a concepire la struttura ed il funzionamento del nostro cervello. Nella stessa maniera del cervello, il computer si compone di una serie di unità, distribuite in aree specializzate che si incaricano di settori diversi e che trasmettono l’informazione dall’esterno, attraverso tastiera, stampante ed altri software (Cotrufo T., 2019). Ciononostante, è troppo semplice fare questa comparazione. Quando abbiamo comprato il computer era esattamente più o meno come ora, anzi adesso la sua memoria è occupata più di prima e va più lentamente. Invece, il cervello è in continuo apprendimento: più fa esperienze, più migliora. Perciò dobbiamo continuamente scoprire quali sono gli aspetti che rendono più performante il suo funzionamento. Tra questi, senza dubbio, ci sono: la possibilità di vivere negli spazi verdi; gli ambienti arricchiti, pieni di colore e di giocattoli; il linguaggio e la scrittura, la matematica, la musica; lo sviluppo dell’attenzione e delle funzioni esecutive che aiutano gli individui a pianificare, gestire e organizzare il loro tempo, controllare le emozioni, manipolare informazioni, in modo da portare a termine un determinato compito. Tutto ciò è, inoltre, molto importante per rimanere focalizzati e risolvere problemi e sviluppare l’apprendimento e la memoria. L’unica connotazione negativa in questo contesto sono gli eventuali abusi di tecnologie moderne: se si esagera con telefoni, computer e social network, possiamo perdere l’abitudine di annoiarci e questo è straordinariamente importante per sviluppare la creatività.

Quindi, l’oggetto di questa riflessione a più voci è proprio quello di considerare il relativamente moderno “urbanismo verde” delle città come elemento per fare un’analisi degli aspetti che riguardano la salute. Un’ampia letteratura invade ora libri, testi e web sui vantaggi che sottolineano tali aspetti e numerosi professori, medici e ricercatori che partecipano a questo lavoro convergono sull’idea che vivere circondati dal verde aiuta moltissimo a mantenere qualità di vita e salute. Vivere in un ambiente sano aiuta tutti i nostri organi e sistemi a funzionare meglio e più a lungo ma, soprattutto per il cervello, il contatto con gli spazi verdi è associato con cambiamenti dell’anatomia e con un miglior lavoro della memoria e delle funzioni proprie dell’attenzione (Dadvand P. et alii, 2016).

 

Riferimenti bibliografici

Bentivoglio M., Cotrufo T., Ferrari S., Tesoriero C., Mariotto S., Bertini G., Berzero A and Mazzarello P. (2019); “The Original Histological Slides of Camillo Golgi and His Discoveries on Neuronal Structure Frontiers”; in: Neuroanatomy Volume 13 https://doi.org/10.3389/fnana.2019.00003

Besser L. (2021); “Outdoor green space exposure and brain health measures related to Alzheimer’s disease: a rapid review”; BMJ Open. 2021 May 3;11(5):e043456. doi: 10.1136/bmjopen-2020-043456.

Cotrufo T. (2019); Meravigliosa Mente. Come nasce, cresce e si sviluppa il nostro cervello; Gribaudo Feltrinelli.

Dadvand P., Macià D., Martínez-Vilavella G., Fenoll R., Esnaola M., Dalmau-Bueno A., Alvarez-Pedrerol M., Pujol J., Sunyer J. (2016); “Green Spaces and Brain Development: a Longitudinal Neuroimaging study”; 28th Annual Conference of the International Society of Environmental Epidemiology.

Dimitrov‑Discher A., Wenzel J,. Kabisch N., Hemmerling J., Bunz M., Schöndorf J., Walter H., Veer-Ilya M., Adli M., (2022); “Residential green space and air pollution are associated with brain activation in a social‑stress paradigm”; Scientific Report; Jun 23;12(1):10614.doi: 10.1038/s41598-022-14659-z.

European Urban initiative-Greening Cities co-founded by the European Union (2023)

 

4. Percorsi pedonali, piste ciclabili urbane e salute cardiovascolare

Nonostante i successi della medicina, le malattie cardiovascolari (MCV) rimangono la prima causa di morte e disabilità nei paesi ad alto tenore di vita, rappresentando così uno dei maggiori costi socio-sanitari. Per un progresso decisivo e sostenibile, è necessario intervenire preventivamente sull’intreccio dei processi multidimensionali che causano le MCV, più che curarne gli effetti.

La prevenzione attraverso l’attività fisica gioca in questo ambito un ruolo cruciale. La sedentarietà, definita come un basso livello di attività fisica quotidiana, è infatti associata a un aumento del rischio di MCV e dei suoi fattori di rischio: diabete di tipo 2, obesità, depressione e ansia.

Il beneficio dell’esercizio fisico è stato ampiamente dimostrato da molti studi; ora sappiamo che deriva da una rete di effetti tra loro correlati: riduce la pressione arteriosa, migliora il profilo lipidico (in particolare riducendo i livelli di colesterolo LDL e trigliceridi), previene l’obesità, migliora la sensibilità all’insulina, esercita effetti antinfiammatori (riducendo i livelli di marcatori infiammatori nel sangue, come la proteina C-reattiva), migliora la funzione endoteliale (aumentando la vasodilatazione e la secrezione di sostanze anticoagulanti), riduce lo stress, migliora la salute mentale e stimola la produzione di endorfine, migliora l’efficienza e la capacità di pompare sangue nonché stimola la formazione di nuovi vasi sanguigni che irrorano i vari organi. Altri fattori di salute cardiovascolare associati all’esercizio fisico sono la frequentazione di aree verdi e isolate dal traffico, con migliore qualità dell’aria, minore inquinamento acustico e generazione di benessere psichico, e l’incremento di relazioni sociali positive.

Attualmente, le società scientifiche cardiovascolari raccomandano almeno 150 minuti a settimana di attività moderata aerobica, oltre a esercizi di muscolazione, ma la possibilità di farlo non dipende solo dagli individui. Infatti, gli stili di vita attivi sono limitati nei centri urbani da vari fattori strutturali, sociali ed economici, come l’uso diffuso di automobili per il trasporto, la progettazione urbana che privilegia gli spazi per i veicoli a scapito di quelli pedonali o ciclabili, la mancanza di accesso a spazi verdi o aree ricreative, nonché stili di vita lavorativi che confinano gli individui in ambienti chiusi per la maggior parte della giornata, come i lavori sedentari e l’uso di strumenti digitali. Per migliorare la salute cardiovascolare, è necessario, quindi, un innovativo approccio sistemico che includa: riqualificazione urbana per promuovere spazi più accessibili e sicuri per l’attività fisica; politiche pubbliche che incoraggino gli spostamenti attivi; programmi di sensibilizzazione sulla salute pubblica e iniziative di lavoro fisicamente attivo.

In particolare, è stato osservato che la realizzazione di percorsi pedonali e piste ciclabili incrementa l’attività fisica della popolazione in città come Londra nel Regno Unito, Siviglia in Spagna, e Portland negli USA e che essa ha un impatto positivo sulla salute cardiovascolare in diverse comunità urbane come Copenaghen in Danimarca, Amsterdam nei Paesi Bassi, Bogotà in Colombia, e Portland negli USA (Woodcock, 2014; Becerra, 2013; Dill, 2009). Alcuni studi suggeriscono che migliorare l’accessibilità e la sicurezza delle infrastrutture per il trasporto attivo può ridurre il rischio di obesità, ipertensione e altre condizioni che predispongono alle malattie cardiovascolari (Sareban, 2020). Altri studi hanno dimostrato che l’accesso a parchi e spazi verdi urbani è associato a tassi più bassi di malattie cardiovascolari, attribuendo questo beneficio all’incoraggiamento dell’attività fisica, alla riduzione dello stress e all’esposizione a un ambiente più salubre (Gascon, 2006).

Al contrario, le città come Los Angeles negli USA, storicamente progettata per favorire il trasporto automobilistico e in cui la dipendenza dall’automobile è elevata e i tassi di spostamenti in bicicletta e a piedi sono significativamente più bassi rispetto a città orientate verso il trasporto attivo, presentano tassi più alti di obesità e malattie cardiovascolari rispetto a città come Copenaghen e Amsterdam. (Giles-Corti, 2016)

La ricerca, dunque, conferma che esiste una relazione tra urbanistica e salute cardiovascolare e che le città progettate per promuovere attività fisica, ridurre l’esposizione all’inquinamento e offrire accesso a spazi verdi possono contribuire a migliorare la salute cardiovascolare della popolazione. Quest’area di ricerca sottolinea l’importanza di approcci non convenzionali che coinvolgono urbanisti, professionisti della salute pubblica e decisori politici per creare ambienti urbani che sostengono la salute e il benessere (Giles-Corti, 2016). Il miglioramento della salute cardiovascolare mediante approcci sistemici promette di ridurre la spesa sanitaria prevenibile, con la possibilità di redistribuire le risorse esistenti verso le malattie non prevenibili, migliorando l’efficienza dei sistemi sanitari e la vita dei cittadini.

Riferimenti bibliografici

Becerra JM, Reis RS, Frank LD, et al. (2013); “Transport and health: a look at three Latin American cities”; Cad Saude Publica; 2013;29:654-66.

Dill J. (2009); “Bicycling for transportation and health: the role of infrastructure”; Public Health Policy; 2009;30:S95-110.

Gascon M, Triguero-Mas M, Martínez D, et al. (2006); “Residential green spaces and mortality: A systematic review”; Environ Int. 2016;86:60-7.

Giles-Corti B, Vernez-Moudon A, Reis R, et al.(2016) ; « City planning and population health: a global challenge”. Lancet. 2016;388:2912-2924.

Sareban M, Fernandez La Puente de Battre MD, Reich B, et al. (2020); « Effects of active commuting to work for 12 months on cardiovascular risk factors and body composition”; Scand J Med Sci Sports. 2020;30:24-30.

Woodcock J, Tainio M, Cheshire J, O’Brien O, Goodman A. (2014); “Health effects of the London bicycle sharing system: health impact modelling study”. BMJ. 2014;348:g425.

 

5. Disabilità, partecipazione all’attività fisica e ambiente di vita

Il concetto di disabilità cambia profondamente con il passaggio dalla classificazione internazionale per impairment, disabilità ed handicap (ICDH), redatta nel 1980, alla classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF), redatta nel 2001. Si passa dal paradigma di disabilità a quello di funzionamento, concettualizzando lo stato di salute come conseguenza della relazione tra funzioni/strutture corporee, attività e partecipazione, influenzate da fattori ambientali e personali. Questa definizione sottolinea il fatto che il contesto ambientale in cui un individuo vive contribuisce a determinare il suo stato di salute e il suo funzionamento (Word Health Organization 2001). La definizione è in linea con il modello biopsicosociale di Hengel del 1980 e la definizione di salute che l’OMS dà nel lontano 1948, cioè “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattia e infermità”.

I fattori ambientali considerati spaziano da quelli fisici (come climatici, territoriali, tecnologici o architettonici) a quelli sociali (legati ad attitudini, relazioni, servizi, sistemi e politiche) e possono fungere da facilitatori o da barriere. I bisogni di salute e riabilitativi sono dipendenti dal contesto in cui una persona vive e le variabili ambientali influenzano l’outcome e, quindi, il successo di un determinato intervento terapeutico.

L’OMS definisce la riabilitazione come “un insieme di interventi finalizzati a ottimizzare il funzionamento e ridurre la disabilità degli individui con determinate condizioni di salute nella loro interazione con l’ambiente circostante”. I termini “disabilità” e “riabilitazione” non avrebbero significato se non venisse considerato l’ambiente in cui una persona vive: quindi, lo scopo della riabilitazione ad oggi è assicurare alla persona il raggiungimento della maggior autonomia e funzionalità possibile nel proprio ambiente di vita.

Considerando, ad esempio, l’attività fisica e la sua capacità di favorire la partecipazione sociale, va considerato che l’aumento dell’accessibilità e della fruibilità della città e, più in generale, di tutti gli spazi dell’abitare permette di prevenire la comorbidità associata alla sedentarietà. Gli spazi architettonici, con particolare attenzione a quelli aperti, influenzano inevitabilmente la mobilità degli individui, la facilità negli spostamenti e la partecipazione sociale delle persone con disabilità. Come emerge dalla ricerca qualitativa, i cittadini con disabilità fisica descrivono barriere fisiche, temporali e comportamentali. Ad esempio, si considerano barriere fisiche: la mancanza di trasporti, i percorsi irregolari, l’inadeguata illuminazione o la presenza di ostacoli nei percorsi. Sempre in modo esemplificativo, le barriere temporali sono invece: la mancanza di luce, la neve e la pioggia e la difficoltà di spostamento negli orari notturni. Si valutano come barriere comportamentali: la pressione nel non mantenere lo stesso passo degli altri, i marciapiedi affollati, la paura degli automobilisti (Eisenberg Y. et alii, 2017). Alcune barriere sociali, come scarso supporto, attitudini negative e idee erronee riguardo all’abilità (Shield N. et alii, 2012), aprono il campo ad un dibattito nell’ambito della psicologia sociale dell’inclusione.

D’altro canto, facilitatori, come ad esempio la presenza di panchine o punti dove riposarsi e di una buona illuminazione, oppure un’estetica attrattiva, mezzi di trasporto e un maggior numero di connessioni e di destinazioni, sono attrattori di utenti intenzionati a far movimento e possono favorire l’attività fisica, la funzionalità e la partecipazione (Eisenberg Y. et alii, 2017; Mckenzie G. et alii, 2021).

Un connubio tra connessioni sociali positive, disponibilità di supporto sociale, conoscenza della disabilità e ambiente fisico incrementa la partecipazione all’attività fisica, esaudendo il desiderio, soprattutto delle persone più giovani e rispettando il diritto di pari opportunità (Zhang G. et alii,2017; Mckenzie G. et alii, 2021; Shield N. et alii, 2012). L’inclusione negli studi di differenti disabilità come quelle sensoriali e cognitive e il supporto di audit possono aiutare a definire meglio le barriere e i facilitatori nella percorribilità dei luoghi e giovare nelle indicazioni per la costruzione di spazi aperti accessibili a tutti (Eisenberg Y. et alii, 2017).

In conclusione, presupponendo gli spazi aperti verdi come componenti della trama urbana atte a favorire il benessere mentale, cognitivo, cardiovascolare e muscoloscheletrico e capaci d’incentivare la partecipazione sociale, la progettazione di ambienti di vita e modalità di fruizione, che facilitino l’inclusione e rendano possibile a tutti l’accessibilità, diviene un dovere etico anche ai fini del conseguimento del principio di pari opportunità.

 

Riferimenti bibliografici

Eisenberg Y., Vanderbom KA, Vasudevan V. (2017); “Does the built environment moderate the relationship between having a disability and lower levels of physical activity? A systematic review”; Prev Med. 2017 Feb.;

https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/rehabilitation

Mckenzie G., Willis C., Shields N. (2021); “Barriers and facilitators of physical activity participation for young people and adults with childhood-onset physical disability: a mixed methods systematic review”; Dev Med Child Neurol; 2021 Aug.

Shields N., Synnot A.J., Barr M. (2012); “Perceived barriers and facilitators to physical activity for children with disability: a systematic review”; Br J Sports Med.

World Health Organization, (2001); International Classification of Functioning, Disability, and Health: ICF. Geneva,.

Zhang G., Poulsen D.V., Lygum V.L., Corazon S.S., Gramkow M.C., Stigsdotter U.K. (2017); “Health-Promoting Nature Access for People with Mobility Impairments: A Systematic Review”; Int J Environ Res Public Health.

6. Visione One health

La definizione fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità recita: “One Health è un approccio integrato e unificante per bilanciare e ottimizzare la salute delle persone, degli animali e dell’ambiente. (…) L’approccio mobilita molteplici settori, discipline e comunità a diversi livelli della società per lavorare insieme. In questo modo si sviluppano idee nuove e migliori che affrontano le cause profonde e creano soluzioni sostenibili a lungo termine” [1].

One Health dilata la definizione di salute come “stato di totale benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattia” perché coinvolge tutti gli attori, animati o meno, che abitano il pianeta. Data l’ampiezza dei temi, si possono fornire alcuni spunti su come sia necessaria un’analisi a vari livelli e con discipline diverse (Di Natale R. et alii, 2023).

I cambiamenti climatici hanno un impatto importante sulla salute poiché sconvolgono gli equilibri del pianeta e quelli di tutti gli esseri viventi. Essi hanno effetti evidenti sulla salute degli umani: dalle ondate di calore agli effetti che il clima può avere sulle malattie infettive portate dai vettori. Malattie che si pensavano debellate, come la malaria, ritornano; altre tipiche di aree tropicali del pianeta vengono diagnosticate nel nostro Paese (dengue, chikungunya, West Nile fever); si allunga la stagione dell’impollinazione e aumenta la sensibilizzazione, e così via. Molto spesso, per queste malattie sconosciute in Italia, è più difficile fare diagnosi ed è necessario addestrare i medici a riconoscerle.

Inoltre, l’approccio One Health è determinante nella lotta all’antibiotico-resistenza[2] poiché l’assunzione eccessiva di antibiotici passa anche attraverso il cibo.

In questo contesto, il tema della rigenerazione urbana significa ridare senso e vivibilità a interi quartieri delle città, mappandone le condizioni di salute e di benessere (Brownlee T., 2021). Per fare questo, è necessario integrare le conoscenze urbanistiche, quelle sanitarie (presidi, situazione demografica ed epidemiologica) e quelle sociali (sicurezza, presenza di associazioni, ecc.), al fine di disporre del contesto e delle possibili leve da utilizzare per il miglioramento delle condizioni in una zona determinata della città.

Potranno giovarsi dei miglioramenti introdotti, in particolare, le categorie più fragili. In Italia, più di 14 milioni di persone appartengono alla fascia di età over 65, circa la metà di questi ha più di 75 anni; 4 milioni hanno dagli 80 anni in su e ben 22mila sono gli ultracentenari. Occorre dare una forma e un senso a questi anni di vita, occorre modificare l’approccio culturale ed evitare di mettere in un angolo la persona anziana, che non ha alcuna intenzione di vivere a bordo di un cantiere. Su questa enorme platea si devono concentrare le iniziative dirette all’invecchiamento attivo[3], inteso come un processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza, perché invecchiare in maniera attiva comporta benefici sulla salute fisica e psicologica[4]. Inoltre, è un processo che rimette in circolo competenze, tempo, hobby, turismo, ecc., e che in economia prende il nome di Silver economy.

Per quanto riguarda i giovani, il target è più limitato, ma più preoccupante. I 10 milioni e 493 mila bambini e adolescenti tra 0 e 19 anni che vivono in Italia abitano perlopiù in periferia. Sono le periferie le vere città dei bambini, perché è lì che vanno a risiedere molte delle nuove famiglie. Periferie diverse ma accomunate da una condizione di isolamento e di marginalità, degrado urbano e mancanza di luoghi di aggregazione e di servizi (Morabito Ch., 2023). Ad aggravare la situazione si aggiungono le conseguenze che la pandemia ha comportato soprattutto sotto il profilo psicologico, con l’incremento di fenomeni di autolesionismo, di uso di droghe o di assunzione di farmaci ad uso ludico[5].

Per una visione One Health occorre conoscere questi processi, occorrono sinergie per eliminare sovrapposizioni e sprechi, occorrono alleanze per condividere e gestire informazioni, occorre un contatto con la comunità, le associazioni, il terzo settore, per lavorare sulla stessa lunghezza d’onda e fornire soluzioni che siano al passo con i tempi e le esigenze di quel tempo e di quello spazio.

 

Riferimenti bibliografici

Brownlee T., Camaioni C., Pellegrino P. (2021); Emergenza clima e qualità della vita nelle città. FrancoAngeli, Milano.

Di Natale R., Marinuzzi G., (a cura di) (2023), Salute e territorio. I servizi socio-sanitari dei Comuni italiani-Rapporto 2024, novembre 2023, IFEL.

Morabito Ch., (a cura di), Fare spazio alla crescita, SavetheChildren, ottobre 2023 https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/fare-spazio-alla-crescita.

 

Conclusioni

Questo breve saggio a più mani su “disegno della città e salute” non è altro che un primo confronto tra saperi diversi per delineare insieme una ricerca interdisciplinare che tocchi i molteplici campi della progettazione urbana e territoriale, nei rapporti con le diverse discipline medico sanitarie.

Abbiamo potuto vedere che sono molti gli studi, in ambito internazionale, che riconoscono i vantaggi che possono discendere da uno stretto raccordo tra città e salute, considerando che la qualità degli ambienti di vita può permettere di affrontare al meglio alcune sfide sanitarie della società contemporanea.

Dai diversi apporti pervenuti, si ha un primo quadro sintetico delle componenti della città che vanno tenute in considerazione al fine di promuovere il miglioramento della qualità della vita di tutti gli abitanti, a partire dalle categorie più fragili, e di introdurre prevenzioni efficaci rispetto a patologie molto diffuse, come ad esempio: diabete, problemi cardiovascolari e respiratori, obesità, depressione, ansia, malattie croniche e degenerative. In un prossimo step, sarà necessario iniziare a individuare indici e misuratori (non considerando solo quelli alfanumericamente descrivibili, ma anche quelli qualitativi e formali) che possono guidare l’azione del progettista urbano nel disegno della città.

L’urbanistica, sulla base di indicazioni che possono pervenire solo dai molteplici settori delle scienze sanitarie ha dunque il compito di sperimentare nuovi rapporti tra funzioni e forme dello spazio, cogliendo il ruolo benefico che le componenti della natura possono esercitare nel contatto con gli spazi artificiali. Il tentativo è quello di andare oltre le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, tese a tracciare una roadmap riguardo ai rischi sulla salute connessi all’urbanizzazione, per affrontare la sfida del disegno e della progettazione della città al fine di facilitare nuovi comportamenti degli abitanti, atti ad assicurare salute e benessere.

Attribuzioni

Gli autori hanno contribuito unitariamente alla scrittura di quest’articolo, tuttavia si possono distinguere le seguenti attribuzioni:

  • l’abstract, il §1 e le conclusioni sono state sviluppate da Massimo Sargolini (ordinario di Urbanistica e direttore della Scuola di Ateneo SAAD-UNICAM);
  • il §2 da Stefania La Grutta (dirigente di ricerca CNR, Istituto di Farmacologia Traslazionale (IFT) – CNR Palermo) e Giovanni Viegi (associato di Ricerca Senior, Istituto di Fisiologia Clinica (IFC) – CNR, Pisa);
  • il §3 da Tiziana Cotrufo (Department of Cell Biology, Physiology and Immunology, Faculty of Biology and Institute of Neurosciences, Universitat de Barcelona);
  • il §4 da Christian Pristipino (Cardiologo, presidente Associazione Italiana Medicina e Sanità Sistemica);
  • il §5 da Lorenzo Sargolini (fisioterapista);
  • il §6 da Rosanna Di Natale (ricercatrice Federsanità).
  1. Per approfondimenti, si veda: https://www.who.int/news-room/questions-and-answers/item/one-health.
  2. Per approfondimenti, si veda: https://www.epicentro.iss.it/antibiotico-resistenza/iniziative-italia.
  3. Per approfondimenti si veda: https://www.regione.fvg.it/rafvg/cms/RAFVG/salute-sociale/promozione-salute-prevenzione/FOGLIA10/FVG_in_movimento/.
  4. Per approfondimenti si veda: https://www.pianiregionalidellaprevenzione.it/doc/ReportNazionale.pdf.
  5. Per approfondimenti https://www.politicheantidroga.gov.it/media/ix0b0esf/relazione-al-parlamento-2023.pdf.