Alessandro Marucci
DICEAA Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile-Architettura e Ambientale Università degli Studi dell’Aquila.
Valentina Tomei
Settore Ricostruzione Post Sisma, PNRR e PNC del Comune dell’Aquila.
Federico Falasca
DICEAA Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile-Architettura e Ambientale Università degli Studi dell’Aquila.
Parole chiave: Contratto di Fiume, Servizi Ecosistemici, NbS, Geodesign.
Keywords: River contract, Ecosystem Servicies, Nature-based Solutions, Geodesign.
Abstract:
IT) Gli ambienti acquatici, fragili e vulnerabili, sono spesso compromessi da fenomeni quali e l’artificializzazione dei suoli, l’espansione delle aree urbanizzate e l’inquinamento. Se da un lato i fiumi subiscono l’effetto dell’azione umana sul territorio, dall’altro il loro degrado acuisce gli effetti spesso disastrosi dei cambiamenti climatici nelle zone urbanizzate. In questo contesto, il Contratto di Fiume (CdF) emerge sempre più come strumento strategico, supplendo alle carenze di una pianificazione territoriale ormai rigida ed arretrata, per poter affrontare le sfide globali attraverso un approccio locale, promuovendo un modello negoziato (e coordinato) che integra aspetti territoriali, ambientali, sociali ed economici. Il riconoscimento dei Servizi Ecosistemici, le Nature-based Solutions e la loro contestualizzazione negli ambiti territoriali e urbani sono tra i principali elementi innovativi dei CdF.
EN) Aquatic environments, fragile and vulnerable, are often compromised by phenomena such as soil artificialization, urban growth, and pollution. On one hand rivers are impacted by human activities on the territory; on the other, their degradation exacerbates the often-disastrous effects of climate change in urbanized areas. The River Contract (CdF) increasingly emerges as a strategic tool, addressing the shortcomings of outdated and rigid territorial planning to tackle global challenges through a local approach. It promotes a negotiated (and coordinated) model that integrates territorial, environmental, social, and economic aspects. Among the key innovative elements incorporated by CdFs are the recognition of Ecosystem Services, Nature-Based Solutions, and their contextualization within territorial and urban frameworks.
I Contratti di Fiume tra dinamiche evolutive e nuove aspettative del territorio
L’attuale complesso delle interazioni tra sistemi antropici e naturali vede nei paesaggi urbani l’esempio più evidente dei processi di sviluppo economico e territoriale contemporanei. Il fenomeno dell’urbanizzazione, tutt’oggi in rapida evoluzione, alimenta dinamiche talvolta controverse. Deforestazione, impermeabilizzazione, perdita di aree umide e frammentazione infrastrutturale sono tra i fattori che più di tutti condizionano gli assetti territoriali ed ecosistemici, contribuendo contemporaneamente all’insostenibilità e alla fragilità della crescita urbana (Holzbecher et al., 2024, Simon, 2023).
In generale, i processi di urbanizzazione producono diversi effetti di natura esogena ed endogena: tra gli effetti esogeni è possibile individuare un aumentano della pressione antropica su tutti gli ecosistemi naturali, compresi quelli acquatici, e dunque una perdita netta di funzioni e servizi ecosistemici (Elmqvist et al., 2013; Fiorini et al., 2019); d’altra parte, tra gli effetti endogeni, si rileva un aumento considerevole della vulnerabilità delle città che, consumando risorse naturali, determinano una perdita netta di servizi ecosistemici fondamentali per la protezione da fenomeni estremi dovuti ai cambiamenti climatici.
Considerando le attuali dinamiche di evoluzione degli insediamenti emerge quindi la necessità di riformare i paradigmi di progettazione e pianificazione territoriale, per garantirne una maggiore sostenibilità nelle relazioni con gli ecosistemi acquatici. La necessità di determinazione di strategie volte alla risoluzione organica e integrata delle problematiche legate agli ambiti urbani è ormai nota da più di un ventennio. Questa esigenza è, inoltre, tanto più alta laddove le caratteristiche intrinseche del territorio espongono le popolazioni ad eventi catastrofici quali inondazioni e frane (Falasca et al., 2024).
In tal senso, gli ambiti acquatici, per la trasversalità spaziale e funzionale che li caratterizza, sono tra i più attenzionati. Lo sviluppo spaziale di questi elementi complessi del paesaggio racchiude spesso più di una singola realtà territoriale, connettendo in un unicum ambientale contesti apparentemente disgiunti (Voghera, 2020). Uniti dal comune denominatore rappresentato dagli ecosistemi ripariali e dai corsi d’acqua associati, i Contratti di Fiume (CdF) rappresentano uno sforzo congiunto per equilibrare le necessità di sviluppo del territorio con la tutela delle risorse idriche e degli ecosistemi associati. Si tratta, di strumenti in grado di contribuire al coordinamento e alla coerenza delle azioni e degli interventi previsti per l’attuazione delle direttive comunitarie in materia ambientale e di definire misure connesse con le previsioni di piani e programmi vigenti nel bacino idrografico di riferimento e nel territorio oggetto del CdF, permettendo di adottare un sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale. Nel mosaico pianificatorio, caratterizzato da un’elevata autonomia trasformativa delle amministrazioni comunali, la necessità di gestione delle dinamiche territoriali a scala vasta è un aspetto oggi fortemente attenzionato, rappresentando, il CdF, un elemento dalla forte capacità unitaria.
Proprio sullo sviluppo locale sostenibile si concentra l’attuale sforzo della disciplina urbanistica, nel tentativo di raggiungere gli obbiettivi di sostenibilità che (re)introducono le necessità nelle città di maggiore resilienza e capacità di adattamento, attraverso strumenti (i piani urbanistici) che però non stanno dimostrando flessibilità e sempre più sembrano essere disallineati e inefficienti rispetto alle attuali dinamiche trasformative. La valorizzazione dei Servizi Ecosistemici (SE), come concetto che ha permesso di superare l’idea che protezione dell’ambiente e sviluppo economico rappresentano interessi discordanti ed in competizione tra loro, ne sono uno degli esempi più lampanti. I SE, definiti come i benefici offerti dagli ecosistemi all’uomo, sono attualmente tra i paradigmi sui quali basare le odierne politiche di sviluppo sostenibile, dalla scala vasta fino a quella locale. Essi costituiscono un tema centrale per lo sviluppo di buone pratiche di pianificazione finalizzate all’introduzione di soluzioni rigenerative dei sistemi urbani, anche se sono ancora deboli le connessioni tra conoscenza teorica dei SE e loro reale utilizzo nella pianificazione e progettazione (Giaimo and Salata, 2019).
Seguendo il quadro appena delineato, il presente lavoro vuole stimolare una riflessione sulla capacità di integrazione tra policy e procedure per una pianificazione strategica di area vasta che, attraverso lo strumento del CdF, possa trovare una efficacia in termini applicativi.
I servizi ecosistemici tra territorio, città e strumenti di pianificazione
Il concetto di Servizio Ecosistemico è oggi ampiamente utilizzato nel campo della pianificazione strategica del territorio, per supportare azioni di governance mirate al miglioramento della qualità dei sistemi urbani e, a scala vasta, la qualità degli ambienti naturali e seminaturali.
La definizione di questi elementi ha nel tempo condizionato non solo la sfera ambientale, responsabile della fornitura di SE, ma anche quelle economica e sociale. Gli studi di settore attualmente presenti hanno più volte rimarcato l’utilità di un simile concetto negli strumenti di pianificazione del territorio (VIA, VAS), evidenziandone i numerosi punti di forza (Ronchi, 2021). La natura dell’interazione positiva tra SE e pianificazione strategica del territorio risiede nella diretta corrispondenza tra questo concetto e il benessere umano, sia in termini di servizi di approvvigionamento (cibo, materie prime etc.), sia in termini ricreativi e culturali. Ciononostante, pianificare attraverso i SE per indirizzare la governance a scala urbana e a scala vasta richiede l’approfondimento di dinamiche territoriali altamente complesse, così come l’approfondimento dei processi partecipativi che a queste sono associati. Uno dei problemi relativi all’apprendimento delle principali dinamiche trasformative del territorio è dovuto all’attuale asseto del sistema locale italiano, i Comuni, che oltre a dimensioni spesso molto ridotte, sono dotati di strumenti di pianificazione molto vecchi e quindi incapaci di cogliere le più recenti problematiche ambientali e socioeconomiche.
Le analisi di rischio, dei costi/benefici e di domanda/offerta di servizi (ecosistemici e non) sono solo alcune delle modalità a disposizione del pianificatore per contestualizzare il territorio e raggiungere l’equilibrio tra sviluppo urbano e tutela ambientale. Inoltre, la pluralità di interessi influenza i diversi sistemi che sul territorio devono coesistere. In questo senso, negli anni è stata più volte rimarcata la correlazione negativa tra qualità dell’ambiente ed espansione degli insediamenti. La dispersione dell’urbanizzato, tradotta in assetti più o meno densi del tessuto urbano quali lo sprawl e lo sprinkling, sono di fatto forme patologiche dello sviluppo antropico. I principali fenomeni che questi modelli alimentano è il consumo di suolo, la frammentazione ambientale e una banalizzazione del paesaggio, le cui dirette conseguenze sono una riduzione/perdita degli habitat e dei servizi ecosistemici associati (Romano et al., 2017). Il quadro delineato ha favorito e favorisce tutt’ora il ricorso a procedure di pianificazione volontarie (Contratti di Fiume, Contratti di Paesaggio), strumenti di grande valore teorico-concettuale, ma purtroppo di scarsa cogenza.
Ciononostante, il valore riconosciuto ai servizi ecosistemici esprime le proprie ragioni anche nella capacità di quest’ultimi di condizionare una scala che supera i soli confini locali. Diversi autori hanno nel tempo aiutato la definizione, sia concettuale che pratica, delle modalità di espressione di questi elementi (Fiorini et al., 2022). Temini come “in situ”, “direzionale”, “omni-direzionale” sono la chiara espressione della natura trans frontaliera dell’espressione dei SE (Burkhard et al., 2014; Costanza, 2008). A questi si associa la diretta operazionalizzazione del concetto. In letteratura è possibile trovare diversi casi studio sull’utilizzo delle Nature-based Solutions in paesaggi fluviali, che enfatizzano l’importante ruolo di raccordo rappresentato da questi interventi. In maniera similare, Bastiani (2024) riporta casi virtuosi come i progetti della Rete Ecologica Lambro, in cui l’ambito naturale è visto come occasione di riqualificazione della città, o anche il Parco del Lura, nel quale il CdF, attraverso interventi orientati anche all’utilizzo delle NbS, vede un’occasione di miglioramento delle condizioni economiche, sociali ed ambientali.
Le Nature-based Solutions come applicazione progettuale dei Servizi Ecosistemici
La definizione di Nature-based Solutions (NbS) fornita dall’unione europea fa direttamente riferimento ai servizi e alle funzionalità ecosistemiche precedentemente espresse come soluzioni ibride ai problemi che oggi affliggono gli insediamenti urbani. La stessa Commissione Europea in uno studio del 2015 definisce per la prima volta le Nature based Solutions come: “strumento utile a perseguire obiettivi quali l’incremento della sostenibilità dei sistemi urbani, il recupero degli ecosistemi degradati, l’attuazione di interventi adattivi e di mitigazione rispetto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della gestione del rischio e l’implementazione della resilienza. Per l’Iucn (Unione Europea per la Conservazione della Natura) le Nature based Solutions sono anche azioni per proteggere, gestire o ristrutturare gli ecosistemi in un modo sostenibile, che forniscono vantaggi per il benessere umano e per la biodiversità (Le Gouvello et al., 2023). Di fatto, nel panorama degli interventi di rigenerazione urbana e territoriale, sono considerate interventi progettuali per la fornitura di SE. La natura di questa tipologia di interventi può essere sia proattiva (miglioramento della qualità ambientale locale) che preventiva (di protezione da eventi naturali quali allagamenti, erosione delle sponde, frane). Indipendentemente dalla loro tipologia, le soluzioni basate sulla natura ricomprendono approcci di mitigazione e adattamento al cambiamento del clima che si basano sul coinvolgimento attivo degli ecosistemi naturali: miglior utilizzo delle funzioni degli ecosistemi naturali, recuperati o artificiali. Il concetto di NbS viene spesso associato agli ambienti urbani, ovvero alle strategie rivolte a perseguire una maggiore sostenibilità delle metropoli in un’ottica di circolarità (come nel concetto di green cities). Ma le NbS sono sempre finalizzate al miglioramento della qualità ambientale, sia in contesti naturali che in quelli urbani e, per tale scopo ricorrono ad elementi naturali i quali, in maniera più o meno estesa, esprimono funzionalità e servizi ecosistemici per le comunità limitrofe.
In pochi anni sono state realizzate diverse best urban practice che mostrano come le NbS rivestano un ruolo cardine nel favorire il mantenimento e la tutela di un’elevata qualità ambientale. Esemplare è il caso di Copenaghen che, a seguito delle pesanti alluvioni del 2010 e del 2011, ha realizzato nel 2015 il Climate Change Adaptation Plan. Quest’ultimo rappresenta il tentativo dell’amministrazione di attuare una riforma dei paradigmi di pianificazione territoriale, in una prospettiva di tutela della biodiversità (Nardi and Pizzorni, 2021). La città ha quindi avviato, in un’ottica di miglioramento generale delle caratteristiche di sostenibilità, numerosi progetti di rigenerazione del paesaggio urbano attraverso l’utilizzo delle NbS, per l’attuazione di soluzioni idriche intelligenti in grado di immagazzinare l’acqua, agevolarne la filtrazione nel terreno e gestirla in modo controllato. De-sealing, cortili verdi, giardini e parchi, canali vegetati, aree di ritenzione, wadi, letti di infiltrazione, bacini di detenzione, swales, raingardens, pavimentazioni drenanti, forestazione urbana, tetti verdi, terreno rigenerato, corridoi verdi, ripristino di aree umide sono tra gli interventi adottati, con un ritorno atteso non soltanto ambientale/ecologico, ma anche sociale ed economico. A questo si aggiunge la trasformazione di un intero quartiere, il Climate Quarter di Østerbro, per potenziare la quantità di spazi verdi urbani e aumentarne la resilienza agli effetti dei cambiamenti climatici. Inoltre, la riqualificazione di aree degradate, vuote e prive di funzioni adeguate ha consentito lo sviluppo di nuovi spazi per la socializzazione e l’incontro. In tal senso sono significative le esperienze di città quali New Orleans e Ningbo nell’ambito di applicazioni progettuali incentrate sulle NbS.
Fig. 1. Sankt Annæ Plads, a Copenaghen. (wikidata.org e danishdesignreview.com).
Fig. 2. Piazza Tåsinge di Østerbro, a Copenaghen. (landezine.com e klimatkvarter.dk).
Fig. 3. The Opera Park, a Copenaghen. (landezine.com).
Fig. 4. Remiseparken, a Copenaghen. (architonic.com).
Il panorama degli strumenti a disposizione delle amministrazioni pubbliche italiane, in particolare quelle comunali, per sviluppare e applicare le NbS sul proprio territorio attualmente è diversificato e in grado di proporre numerose soluzioni. Essi includono la pianificazione strategica e di settore, ma anche strumenti più operativi come i regolamenti o le partnership tra pubblico e privati. Il Life MetroAdapt – Strategie e misure di adattamento al cambiamento climatico nella Città Metropolitana di Milano è un esempio di implementazione con le Linee Guida per lo sviluppo di Soluzioni Naturalistiche nelle Aree Urbane attraverso le quali sono stati individuati gli strumenti maggiormente idonei a una loro effettiva implementazione, citando alcune esperienze applicative e riportando (ove possibile) le migliori buone pratiche sviluppate sul territorio nazionale. Il ricorso alle NbS non è esclusivo delle aree metropolitane e densamente popolate, ma trova applicazione anche in contesti ad alta valenza ecosistemica, come ad esempio nel delta del Fiume Po. A tal proposito si veda il progetto LIFE NatuReef – Nature-based reef solution for coastal protection and marine biodiversity enhancement (Ponti, 2024).
Fig. 5. Rendering di un parco giochi nei Blue & Green Corridors, New Orleans. (credit by MSMM Engineering, LLC).
Fig. 6. Rendering di un Blue Corridor, New Orleans. (credit by MSMM Engineering, LLC).
Fig. 7. Rendering di un parco nei Blue & Green Corridors, New Orleans. (credit by MSMM Engineering, LLC).
Fig. 8. Rendering di un tratto dei Blue & Green Corridors, New Orleans. (credit by MSMM Engineering, LLC).
Il contributo del processo partecipativo e le nuove opportunità
Nel dibattito incentrato sulle opportunità che il panorama nazionale ed internazionale offre in termini di rigenerazione degli ecosistemi in funzione della salute umana, secondo l’approccio one-health, uno degli aspetti focali è quello della partecipazione pubblica e del coinvolgimento attivo dei cittadini. I processi partecipativi o decisionali inclusivi riguardano il coinvolgimento di enti, soggetti privati, associazioni o comuni cittadini nelle scelte compiute dalla pubblica amministrazione. Il processo di partecipazione, per essere efficace, deve, non solo basarsi sul confronto e il coinvolgimento degli attori locali ma appartenere ai soggetti coinvolti ed essere sentito proprio da tutti i partecipanti. A questo scopo è necessario creare occasioni, eventi e utilizzo di strumenti abilitanti che coinvolgano tutti gli altri stakeholder per identificare e implementare metodi replicabili che permettano di costruire un’idea condivisa di futuro attraverso progetti e politiche proposte e selezionate progressivamente dalla collettività. D’altra parte, è altresì fondamentale comprendere l’importanza di equalizzare interessi locali e visioni strategiche di più ampia scala, condizione che rientra perfettamente nell’ambito di azione dei CdF. Tra gli strumenti più innovativi in grado di sostenere tale sfida il Geodesign rappresenta un nuovo approccio metodologico al processo decisionale che integra gli strumenti delle scienze dell’informazione territoriale a supporto della pianificazione dello sviluppo fisico del territorio, in grado di contribuire ad affrontare molti degli attuali problemi incontrati nelle pratiche di pianificazione urbana e regionale (Campagna and Di Cesare, 2016; Esmail et al., 2025).
Una delle principali caratteristiche del Geodesign è la sua elevata flessibilità. Nonostante sia dotato di una certa struttura metodologica, in fase di applicazione I’ approccio intenzionalmente si presta ad essere personalizzato e configurato in accordo con le particolarità e complessità del caso. Gli ambiti fluviali, per la loro importanza e allo stesso tempo fragilità, hanno necessità di quelle alternative collaborativamente concordate, scartando quegli scenari futuri che non rappresentano la volontà comune, bensì I’ interesse di pochi. Infatti, è un approccio alla pianificazione oltremodo utile quando applicato a casistiche ed aree di studio dove esiste un elevato rischio di conflitto tra i vari attori, in quanto aree di interesse comune, dove divergenti interessi di destinazione d’uso portano, nella maggior parte dei casi, a contenziosi tra gli stakeholders.
Dunque, il processo partecipativo nel quadro delineato fino ad ora ha una duplice funzione di straordinaria importanza: la prima è quella di favorire l’acquisizione delle conoscenze relativamente ai SE e alle NbS da parte degli stakeholders e di farne comprendere la reale importanza; la seconda è quella di armonizzare, attraverso modalità sistematiche, gli interessi che a diverse scale territoriali intervengono nelle dinamiche di governo del territorio. Attualmente non ci sono esperienze applicative di Geodesign per processi partecipativi nei CdF, dunque, ne risulta un campo aperto e ancora da esplorare.
Discussioni e conclusioni
La letteratura scientifica dimostra in maniera chiara l’inadeguatezza dell’attuale sistema di pianificazione territoriale italiano incentrato sui Comuni e sostanzialmente privo di visione strategica. Due sono gli aspetti che sottolineano questa patologia: in primo luogo, l’eccessiva diffusione di piani comunali, spesso obsoleti, che da molti anni non riescono a raccogliere le più recenti esigenze territoriali; in secondo luogo, la totale ed assurda indipendenza delle prospettive di evoluzione urbana sempre positive a fronte di dinamiche demografiche, in alcuni casi anche drasticamente negative.
In tale contesto la disciplina urbanistica tenta da diversi anni di proporre una riforma radicale degli strumenti, degli approcci e soprattutto dei temi che dovrebbero essere internalizzati nei processi di pianificazione e progettazione urbanistica. Una domanda sicuramente ancora aperta è in che modo i vari strumenti a disposizione della pianificazione riescono a incidere sulle nuove sfide imposte dai cambiamenti climatici, dalla transizione ecologica e dalla prevenzione dal rischio idrogeologico, elementi che hanno acquisito una sempre maggiore centralità per la qualità della vita e la sicurezza nei territori. È altresì chiaro che parte della soluzione è nella flessibilità dei dispositivi di governance, macchinosi e proceduralmente troppo lenti per allinearsi alle esigenze di una realtà che apre le porte all’intelligenza artificiale. Dunque, si ribadisce il paradosso per il quale se da un lato non bastano gli strumenti oggi a disposizione per progettare azioni ottimali e si fa sempre più ricorso a forme volontarie di accordi tecnico-amministrativi, dall’altro la comunità scientifica ritiene ancora valido l’assunto che la pianificazione continua ad avere una sua credibilità relativamente ai grandi temi. Di fronte a tali questioni, di non facile e veloce risoluzione, “l’organismo territorio” ha necessità di risposte veloci ed efficaci per le nuove sfide e trova sempre più spesso in una dimensione alternative della pianificazione, quella degli accordi volontari. Lavorare su questo, in attesa di una riforma effettiva della disciplina urbanistica, può essere considerata una fase di transizione a tempo indefinito. Appare allora inevitabile puntare ad un framework all’interno dei CdF dove i SE trovino un ruolo centrale nella mitigazione e nelle azioni di adattamento ai cambiamenti climatici e ambientali.
Fig. 9. Framework concettuale per il Contratto di Fiume.
L’operazionalizzazione degli stessi, come trasformazione delle strategie in azioni concrete passa attraverso l’utilizzo delle NbS sia in contesti fortemente antropizzati (grandi aree metropolitane) che negli ambiti dei tessuti urbani e periurbani maggiormente dispersi (aree interne). Il framework proposto (Fig.9) sintetizza gli elementi fondamentali che gli autori propongono e che si basano su una serie di riflessioni basate sullo stato delle conoscenze nel panorama scientifico nazionale e internazionale di riferimento:
- l’attuazione degli attuali obiettivi di sostenibilità delle strategie nazionali e internazionali pone l’attenzione sull’importanza delle risorse, delle funzioni e dei servizi ecosistemici, interni ed esterni alle città, riferiti al benessere e alla salute umana. La concretezza di tali obiettivi si esprime attraverso azioni progettuali e interventi di NbS sia a scala locale che a quella territoriale, a seconda delle finalità che si intendono raggiungere.
- Gli strumenti di pianificazione e programmazione volontaria da molti anni cercano di sopperire alla mancanza di una pianificazione cogente che sia realmente efficace. Seppur ancora attuale nei contenuti, la riflessione del mondo scientifico è focalizzata sulle reali capacità che oggi sono richieste agli strumenti di governance rispetto a fenomeni trasformativi veloci e spesso imprevedibili.
- La pianificazione partecipata è un pilastro fondante del processo per equilibrare interessi e necessità delle popolazioni, nonché le potenzialità sostenibili che il proprio territorio può e deve esprimere. Flessibilità, rigore e velocità sono le caratteristiche che gli strumenti a disposizione della partecipazione pubblica al processo di governo del territorio devono possedere. Il Geodesign potrebbe rappresentare una valida soluzione per un confronto aperto ma rigoroso sulle aspettative di evoluzione del territorio.
- Sviluppo urbano, sostenibilità ambientale, salute e benessere, resilienza climatica sono solo alcuni dei temi che inondano il panorama della disciplina urbanistica. È necessario razionalizzare e mettere a sistema obiettivi e azioni delle varie strategie spesso convergenti, ma che purtroppo vengono percepite ancora come detrattori allo sviluppo e non come opportunità.
Bibliografia
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